La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza in tema di diritto all’oblio del tutto differente rispetto a quella del giugno scorso, in cui veniva riconosciuto a Google il diritto a respingere le richieste di cancellazione dei link indicizzati. Oggi la Commissione per le Libertà Civili si è pronunciata sul caso aperto nel 2010 dal cittadino spagnolo Mario Costeja González, segnando un nuovo capitolo all’interno di una giurisprudenza che non sembra aver ancora preso una strada chiara e definitiva sul tema.
Il problema principale di cui alla presente causa è sapere come debba essere interpretato il ruolo svolto dai fornitori di servizi di motore di ricerca su Internet alla luce dei vigenti strumenti giuridici dell’Unione in materia di protezione dei dati, in particolare alla luce della direttiva.
Per capire in che modo il verdetto delle causa C‑131/12 può rappresentare un precedente importante, è utile ripercorrere gli step più importanti dell’intera vicenda. Nel 1998 un quotidiano spagnolo pubblica (anche sul Web) la notizia relativa alla vendita tramite asta di alcuni immobili appartenenti a González, stabilita in seguito ad un procedimento esecutivo per debiti contratti con il sistema previdenziale. Undici anni dopo, nel 2009, il diretto interessato contatta l’editore della testata, chiedendo la cancellazione dell’articolo in quanto cercando il proprio nome su Google i primi link indicizzati erano proprio quelli riguardanti la vicenda, ormai del tutto risolta ed archiviata.
La richiesta viene respinta, così l’anno successivo González si vede costretto a rivolgersi direttamente alla divisione spagnola del motore di ricerca, che chiama in causa la sede californiana in quanto fornitrice del servizio. A metà 2010 il direttore dell’AEPD (Agencia Española de Protección de Datos) ordina a Google Spain e Google Inc. la rimozione dei dati in questione dalle SERP (pagine dei risultati), ma il motore di ricerca chiede l’annullamento della sentenza impugnandola dinanzi al giudice. Si arriva così alla decisione odierna, con la quale viene riconosciuto a González il diritto alla cancellazione dei link considerati lesivi per la propria reputazione.
Secondo quanto deliberato oggi dalla Corte Europea, Google (e le altre realtà operanti in ambito Web, compresi i social network come Facebook) deve essere obbligato a rimuovere i collegamenti a pagine specifiche su richiesta dei singoli cittadini, nel caso in cui le informazioni alle quali rimandano sono inadeguate, irrilevanti o non più rilevanti, anche quando la loro pubblicazione sui siti che le ospitano è del tutto legale. L’articolo resterà infatti online sul sito spagnolo, ma non risulterà più in cima alle pagine dei risultati digitando il nome del protagonista. Una misura che però non può essere applicata, ad esempio, quando si tratta di un personaggio celebre, poiché la permanenza online degli articoli che lo riguardano è giustificata da un preponderante interesse pubblico.
Questo il commento di un portavoce Google, dal quale giunge una analisi profondamente amareggiata della decisione della Corte Europea:
Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale. Siamo molto sorpresi che differisca così drasticamente dall’opinione espressa dall’Advocate General della Corte di Giustizia Europea e da tutti gli avvertimenti e le conseguenze che lui aveva evidenziato. Adesso abbiamo bisogno di tempo per analizzarne le implicazioni.