Fino a poco tempo fa c’era una netta separazione tra cellulari di fascia bassa e cellulari di fascia alta, i cosidetti smartphone. Costo in primis, presenza di fotocamera, utilizzo per videochiamate UMTS, GPS e diverse altre caratteristiche facevano si che la distinzione tra le due classi fosse ben identificabile. Ma con i modelli attuali, è ancora così?
Prendiamo ad esempio la rubrica. Nei cellulari era composta dai contatti che si potevano memorizzare sulla SIM, con un solo numero per nominativo. Negli smartphone invece era possibile associare più numeri allo stesso contatto, aggiungere foto, indirizzo, email, note e molto altro. Si poteva, inoltre, sincronizzare la rubrica con il proprio PC. Oggi questa distinzione non esiste quasi più e la rubrica è “ricca” su un po’ tutti i telefoni e dove non ci sono gli appositi programmi per la sincronia rilasciati dai costruttori, ci sono software come Funambol che sopperiscono.
Continuiamo con il display: i dispositivi di fascia bassa avevano piccoli display in bianco e nero, mentre quelli degli smartphone erano più grandi e a colori: ci si potevano infatti leggere e scrivere molto più comodamente SMS, guardare MMS e fotografie. Recentemente non sono riuscito a trovare display vecchia maniera nelle vetrine dei negozi di telefonia, tranne qualche particolare eccezione.
Anche le capacità multimediali facevano la differenza. La presenza di una fotocamera e del lettore multimediale era prerogativa dei device più accessoriati. Oggi moltissimi modelli entry level possono riprodurre musica, radio FM, foto o video di media qualità.
Il supporto ad ampie tipologie di connettività era anch’esso prerogativa dei modelli di fascia alta. Invece oggi troviamo triband, bluetooth e UMTS in moltissimi device. Rimangono invece di nicchia, ma suppongo ancora per poco, il GPS e il WiFi, quest’ultimo diffuso principalmente nei dispositivi di fascia business.
Dove non arrivava l’hardware, il software faceva la differenza. I cellulari spesso nascevano e morivano con la dotazione software preinstallata, mentre negli smartphone era possibile aggiungere programmi e giochi. Oggi il supporto al J2ME, seppur con le sue peculiarità tra modello e modello, permette di eseguire questa operazione su un po’ tutti i telefoni, anche in multitasking, avendo cioè più programmi attivi contemporaneamente. È quindi possibile giocare o navigare con Opera Mini mentre sentiamo la musica. Merito di sistemi operativi sempre più avanzati e capaci.
Forse il prezzo rimane ancora il vero elemento di distinzione. Ci sono infatti dispositivi che possono essere acquistati con meno di 30 euro e altri che vanno oltre la barriera dei 500. Allora, se si è d’accordo con le considerazioni fin qui fatte, cosa si paga veramente in uno smartphone che non c’è un un cellulare? La mia personale risposta verte sulla presenza contemporanea di un po’ tutti gli aspetti elencati, dell’essere un dispositivo “tutto incluso”.
Ciò porta direttamente ad affrontare un altro importante aspetto della mobilità: l’indipendenza energetica. Anche se sarebbe lecito aspettarsi il contrario, nei costosi dispositivi “tutto incluso” l’automia della batteria generalmente non arriva alle due giornate di normale utilizzo. Quasi tutti i modelli più economici garantiscono invece qualche giorno di funzionamento senza bisogno di ricarica.
Anche in base ad un approccio “sostenibile” ai nostri bisogni, ritengo che, una volta resisi conto di non aver bisogno effettivamente di ogni cosa, anche a prezzi considerati da “cellulare” (fascia 100-200 euro) possiamo trovare tutto quello che in passato offrivano solo gli smartphone. Si può, quindi, ritenere ancora valida l’esistenza di due differenti classi di dispositivi?