Dopo l’annuncio di Microsoft del nuovo Windows Azure, il fenomeno del cloud computing è diventato un tema caldo che si propone come nuova frontiera dei sistemi operativi, parallelamente al più concreto Windows 7.
Ma cos’è il cloud computing? Cerchiamo di darci un’occhiata insieme per capirne un po’ di più.
Dobbiamo sapere prima di tutto che il cloud computing è un’idea “vecchia” e non è stato inventato da Microsoft.
Già negli anni ’80 si parlava del “network computing“, che si basava all’incirca sullo stesso principio. Negli anni ’90, poi, il concetto si è cominciato a delineare meglio in diverse direzioni, tra cui il grid computing, le applicazioni remote e il cloud computing, che in alcuni casi si fondono o si confondono.
Il concetto alla base di queste reti, e delle tecnologie che ci stanno dietro, è quello di disporre di risorse distribuite, sia per quanto riguarda l’archiviazione dei dati sia per la capacità di calcolo. È possibile, infatti, mettere a disposizione parte della propria CPU (tipicamente l’intera CPU, nei momenti in cui resterebbe inutilizzata) in un sistema condiviso, in modo da avere una sorta di calcolatore virtuale con una “super-potenza” di elaborazione pari alla somma delle CPU messe a disposizione in un certo istante.
Tutto questo può essere svolto principalmente su due linee di approccio: una che offre un accesso controllato alle risorse condivise, pur garantendo all’utente la visibilità di un unico sistema di calcolo al quale sottomettere i propri job (grid computing); la seconda in cui l’implementazione effettiva delle risorse non è definita, né le sue caratteristiche sono note all’utilizzatore (cloud computing).
Senza fermarci sulle differenze tecniche specifiche dei due approcci, possiamo fornire degli esempi ormai storici di applicazione di sistemi di rete che li implementano, come i progetti di grid “SETI@Home” e “EGEE” del CERN, che prevede l’uso di un middleware che “nasconde” all’utente le caratteristiche del sistema globale.
Il grid computing e i progetti citati sono stati sviluppati in ambito scientifico. Il cloud computing invece, anche in campo più strettamente commerciale, è stato sempre scartato dai massimi esperti, a causa dell’indeterminatezza del sistema e della difficoltà a coordinarne le risorse.
Oggi, invece, data l’approvazione del pubblico e il conseguente boom delle applicazioni remote e degli spazi di archiviazione online, Microsoft prevede di sfruttare l’idea per lo meno per gli utenti domestici (e in futuro, forse, business), di certo meno esigenti degli scienziati sia in termini di risorse necessarie che per eventuali bug.
Questo apre un discorso a parte sulla sicurezza dei dati che dovrà essere garantita in tutte le implementazioni.