D’ora in poi, quando utilizziamo la nostra casella di posta dall’ufficio, dovremmo farlo con la consapevolezza che, probabilmente, le nostre letterine saranno lette, a buon diritto, dal nostro capo.
Qualche giorno fa la V sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata con una sentenza a favore di un dirigente di azienda che aveva “scrutato” nella casella e-mail di una sua dipendente. La lavoratrice aveva denunciato il superiore e credeva di avere la meglio in tribunale, avendo visto violata la sua privacy in modo così evidente.
Ebbene, la legge le ha dato torto marcio, perché in effetti, se l’azienda per cui si lavora, e che ti concede l’utilizzo di posta elettronica dalla tua postazione, lo fa chiedendoti l’autorizzazione a conoscere la tua password e spiegando che l’e-mail si deve usare a scopo aziendale… ha le spalle coperte.
Ovvero, se esiste una policy aziendale che regolamenta l’uso di posta elettronica per i dipendenti, non è ipotizzabile, per il capo “sbircione” nessuna violazione della corrispondenza né trattamento illecito di dati.
Dobbiamo perciò prendere atto che nella nostra mail aziendale, potrebbe non arrivare solo posta per noi… ma per tutti! Ovviamente se la policy aziendale lo prevede.