«In Italia i beni tecnologici più diffusi sono il televisore, presente nel 95,4% delle famiglie e il cellulare (88,5%). Seguono il lettore DVD (59,7%), il videoregistratore (58,1%), il personal computer (50,1%) e l’accesso ad Internet (42%). Tra i beni tecnologici presenti nelle famiglie hanno un certo rilievo anche l’antenna parabolica (30,7%), la videocamera (26,8%), il decoder digitale terrestre (23,8%) e la consolle per videogiochi (18,1%)». Così l’Istat introduce i risultati della ricerca “Aspetti della vita quotidiana” nel capitolo dedicato alla «Disponibilità di beni tecnologici nelle famiglie». Vista così, la fotografia dell’Italia della tecnologia appare troppo fredda per essere compresa. Ma basta guardare appena sotto la superficie per capire che, sotto un lucido strato di numeri, c’è tutta la ruggine di un paese che non riesce a trovare la svolta necessaria.
L’indagine è stata condotta su 19.573 famiglie per un totale di 48.861 cittadini. Secondo quanto emerso, la presenza dei personal computer nelle case degli italiani è aumentata del 2.3%, passando dal 47.8% del 2007 al 50.1% del 2008. La crescita è un segnala giocoforza positivo, ma il raffronto con l’andamento dei lettori DVD rende evidente uno spostamento naturale delle risorse che poco ha a che fare con la spinta che l’informatizzazione della cittadinanza dovrebbe invece sperimentare nel nostro paese. I lettori DVD, infatti, negli stessi 12 mesi del 3% a scapito della tecnologia VHS. Cambia il supporto, insomma, ma non le abitudini e l’approccio alla tecnologia da parte di un’utenza ancora troppo legata alla televisione per potersi abbandonare alle lusinghe del Web. La tv, nello specifico, è stata dichiarata dal 95.4% dei nuclei monitorati.
«L’accesso ad Internet passa dal 38,8% al 42% e migliora anche la qualità della connessione usata per accedervi da casa: diminuisce drasticamente, infatti, la quota di connessioni a banda stretta (tramite linea telefonica tradizionale o linea telefonica Isdn) che passa dal 14,7% al 9,1% e aumenta, invece, la quota di famiglie con connessione a banda larga (linea telefonica ADSL o altro tipo di connessione a banda larga), che passa dal 22,6% al 27,6%». Anche in questo caso, però, un raffronto è sufficiente per rendere oltremodo relativa la crescita registrata. La tabella che mette a confronto il nostro paese con i restanti dell’area europea, infatti, ci posiziona in terzultima posizione tanto in quanto a percentuale di possesso di pc, quanto in relazione all’accesso al Web a banda larga.
Dietro l’Italia soltanto Grecia, Romania e Bulgaria. Ma il distacco non è soltanto in quanto a posizione, ma anche in quanto a distacco assoluto. Se ad esempio nel 2008 il 42% degli intervistati ha dichiarato di far parte di un nucleo famigliare informatizzato, la percentuale sale al 51% per la Spagna, al 62% per la Francia (che registra nell’ultimo anno un forte balzo in avanti), al 71% del Regno Unito ed alla chimera dell’86% olandese.
I problemi dell’arretratezza italiana emergono direttamente dai numeri. E sono così estrapolati dall’Istat: «Dal 2006 al 2008 è aumentata notevolmente la quota di persone che non hanno un accesso ad Internet da casa per mancanza di capacità (dal 31,9% del 2006 al 40,6% del 2008). Questo aumento è dovuto in gran parte alla parallela diminuzione della quota di chi non possiede Internet a casa perché lo ritiene inutile (dal 39,6% del 2006 al 25,2% del 2008). Il ruolo che Internet ha acquisito nella nostra società rende ormai difficile considerarlo inutile. È cambiata quindi la graduatoria dei motivi del non accesso ad Internet e, a differenza del 2006, al primo posto si colloca la mancanza di capacita 40,6%. Anche tra le famiglie di soli anziani la motivazione di non utilità crolla dal 44,3% del 2006 al 29,1%. Resta, però, il problema delle competenze. Sempre tra le famiglie di anziani, infatti, la quota di chi non possiede Internet a casa per mancanza di capacità sale dal 51,3% al 61,2%».
Insomma: l’Italia è in una fase di incubazione, nella quale si è compresa l’effettiva utilità della Rete grazie all’appetibilità dei suoi servizi, ma ora mancano le competenze e per questo motivo i numeri rimangono in fase di stallo. L’Italia vorrebbe, ma non può. Altrove la volontà è già stata la molla prima all’apprendimento, e così sarà presumibilmente anche nel nostro paese: il tempo e l’avvicendamento generazionale favoriranno il processo, il quale arriverà però in estremo ritardo a causa dell’assenza di stimoli e sollecitazioni che le istituzioni in primis dovrebbero imprimere. Il segno della spinta generazionale, soprattutto, è evidente dai dati dell’Istat: «Il picco di utilizzo del personal computer si ha tra i 15 e i 19 anni (oltre l’80%) e per Internet tra i 15 e i 24 anni (oltre il 71%), per poi decrescere rapidamente all’aumentare dell’età. Già tra le persone di 35-44 anni l’uso del personal computer (58,6%) e di Internet (53,8%) è molto più contenuto.
«Un altro indicatore importante per misurare il digital divide è dato dalle famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiedono un accesso ad Internet da casa mediante banda larga: anche in questo caso l’Italia si colloca solo al ventesimo posto con un tasso di penetrazione del 31% rispetto alla media europea del 48%»: in questo caso le motivazioni di fondo non si annidano però soltanto sul freno culturale all’informatizzazione delle famiglie: la copertura del territorio è infatti tutto fuorché completa, i prezzi non sempre hanno incontrato in passato i favori della domanda e la disponibilità di fibra latita, rendendo così problematico l’aumento della qualità dei servizi.
La ricerca Istat, oltre a fotografare il nostro stato generale di difficoltà, entra anche nei dettagli. Tra le altre evidenze:
- La differenza tra nord e sud rimane evidente e costante nel tempo. Il nord supera infatti il sud del 10% tanto nell’uso di strumenti informatici quanto nell’accesso alla banda larga, con cifre in quest’ultimo caso che sono nell’ordine del 43% del nord contro il 33% del sud;
- «L’uso del personal computer e di Internet è connotato anche da un forte divario sociale che comunque è in diminuzione . Usano di più il personal computer e Internet gli studenti (rispettivamente 88% e 85%) per i quali la sovrapposizione di personal computer e Internet è quasi totale, seguiti dagli occupati (63,4% e 59%); all’ultimo posto si collocano le casalinghe (13,3% e 10,8%) e i ritirati dal lavoro (11,2% e 9,3%). Tra gli occupati l’uso del personal computer prevale tra i direttivi, quadri, impiegati (84,3%); seguono i dirigenti, imprenditori, liberi professionisti (80,5%) e, a grande distanza, i lavoratori in proprio e coadiuvanti (48,7%), mentre tra gli operai e apprendisti la quota di chi utilizza il personal computer scende al 39,9%. Internet è utilizzato soprattutto da direttivi, quadri, impiegati (80,4%) seguiti dai dirigenti, gli imprenditori, i liberi professionisti (77,5%). Solo il 34,7% degli operai ed apprendisti usa, invece, la rete»;
- La casa è il punto prediletto per l’accesso al web: 8 volte su 10 è l’abitazione il luogo prediletto per l’accesso, mentre il posto di lavoro lo è per 4 casi su 10.
- «ha usato il personal computer negli ultimi 3 mesi il 66,3% dei bambini e ragazzi con almeno un genitore laureato rispetto al 40,6% di quelli con i genitori con al massimo la licenza elementare con una differenza di 26 punti percentuali. I bambini e ragazzi con genitori con titoli di studio bassi sono svantaggiati sia nell’uso a casa sia nell’uso combinato a casa e a scuola»: quest’ultimo dato è probabilmente il meno confortante perchè, oltre a fotografare una certa “ereditarietà” dell’ignoranza informatica, denota anche lo scarso ruolo della scuola nel colmare tali differenze e tali difficoltà. La scuola, insomma, nonostante gli investimenti profusi non ha saputo raccogliere risultato alcuno e casi recenti sembrano soltato rimarcare ancora una volta la scarsa attenzione che le strutture edicative hanno nei confronti del problema.
- «Il 20,8% degli utenti di Internet usa un portatile con collegamento senza cavi (WIFI). Più contenute le quote di coloro che usano un cellulare via UMTS (6,7%), un cellulare via GPRS (5,6%) e un computer palmare (5,3%). La quota di coloro che utilizzano collegamenti senza fili è sempre più alta tra gli uomini e nella fascia d’età tra i 18 e i 44 anni. Rispetto all’anno precedente la situazione è piuttosto stabile».
Tra tutte le motivazioni che portano l’utenza sul Web, quelle che hanno mantenuto maggior vitalità nel 2008 sono stati l’apprendimento e la ricerca di informazioni su beni e servizi. Tutto il resto sembra perdere appeal, compresi l’uso delle email o la ricerca di informazioni sanitarie. La voce “Leggere o scaricare giornali, news, riviste” è quella che subisce il colpo più duro. «Le attività svolte con Internet sono strettamente correlate con l’età: tra i 20 e i 44 anni oltre l’82% dei fruitori di Internet lo fa per mandare o ricevere e-mail. L’utilizzo del web per cercare informazioni su attività di istruzione o su corsi di qualunque tipo è particolarmente diffusa tra le persone tra i 18 e i 34 anni, con una punta del 54% tra le persone di 20-24 anni. Analogamente, la ricerca di lavoro su Internet è particolarmente diffusa tra i 20 e i 34 anni».
La ricerca, però, non sembra voler monitorare l’appeal dei social network sull’utenza, e ben si sa cosa Facebook abbia significato negli ultimi mesi. La ricerca ignora però il fenomeno, piccolo grande bug nella preziosa analisi Istat dovuto più che altro alla tempistica: l’indagine sarebbe infatti stata condotta nel febbraio del 2008 e nel frattempo il fenomeno Facebook é dilagato. Per contro, il dato ignoto sui social network può essere considerato come una conseguenza di quanto segue: «Internet è anche utilizzato per il download di contenuti digitali come scaricare o vedere film, cortometraggi o video (34,6%), per scaricare e o ascoltare musica (22,7%), per scaricare giochi per pc o video game e i loro aggiornamenti (10,7%) e per usare un browser come supporto news feeds per leggere le novità sul web (8,5%)».
Nulla di nuovo, inoltre, dal dato secondo cui l’uso del Web rimane ad oggi cosa sostanzialmente gratuita e per la quale l’utente non è disposto ad aprire il portafoglio. I dati esprimono una quota del 97.7% di utenti che utilizzano la Rete come strumento di condivisione, senza aver al contempo mai pagato alcunché. Tale fenomeno ha vette estreme tra le fasce più giovani: «sono sopratutto i ragazzi di 18-24 anni ad usare il peer to peer per scambiare musica, film video (circa il 20%) e i ragazzi di 18-19 anni a caricare contenuti autoprodotti sui siti web (31,1%)». Anche sotto questo punto di vista, insomma, nulla di nuovo.
«Leggere weblog o blog è un’attività svolta dal 28,5% delle persone di 6 anni e più che hanno usato Internet nei 3 mesi precedenti l’intervista. Segue l’inserimento di messaggi in chat, newsgroup o forum (22,3%) e i servizi di instant messaging (21,3%). Leggermente meno usato Internet per telefonare o per effettuare videochiamate (entrambi 15,9%) e per creare o gestire weblog o blog (7,8%)». Il resto è dedicato all’analisi dell’e-commerce, dell’uso del Web come strumento per la telefonia ed altri aspetti ancora. Ma concentrarsi sui dettagli, a questo punto, significherebbe perdere di vista il senso vero e generale dei dati Istat: l’Italia è in ritardo, l’Italia non accelera. L’Italia dell’informatica non cambia marcia, l’Italia digitale non decolla. L’Italia dei bit ha un potenziale enorme ancora da esprimere, l’Italia del Web è ferma ad uno stadio primordiale.
C’è molto da fare. Se non altro, per questo 2009, è ancora possibile porsi qualche obiettivo: i margini di crescita non solo ci sono, ma sono anche clamorosamente ampi. Vergognosamente ampi.