C’è vita su Marte? Se a questa domanda, iterata ormai ciclicamente come ossessione ultima con cui motivare le esplorazioni spaziali, tenterà di dare presto una nuova risposta la missione ExoMars, ad altre domande di minor peso specifico sta già tentando di dar risposta oggi la sonda Curiosity. E proprio da Curiosity è giunta una nuova curiosa immagine: un “selfie” alle soglie di un piccolo deserto marziano.
L’immagine è la commistione di 57 scatti datati 19 gennaio 2016 e resi pubblici dalla NASA per testimoniare tanto le attività in corso, quanto il buon stato di salute della sonda. Curiosity ha infatti guardato nell’obiettivo e lo scatto riprende l’intera scocca del rover che da tempo ormai sta tracciando solchi sulla superficie di Marte. Per scattare il “selfie”, Curiosity ha sfruttato il Mars Hand Lens Imager (MAHLI) ed il risultato è uno sguardo ad alta definizione su un piccolo deserto posizionato ad una incredibile distanza dagli occhi terrestri che guardano incuriositi a quanto accade.
L’immagine ha doppio valore: se da una parte c’è l’incredibile spettacolarità dell’evento e l’inesauribile stupore per un rover che sta passeggiando su di un pianeta estraneo alla Terra inviandoci immagini con continuità, dall’altra c’è l’importanza scientifica delle attività che si stanno mettendo in atto. L’esplorazione della duna Namib nella zona Bagnold Dunes consente infatti di analizzare tanto il terreno sabbioso del pianeta, quanto i movimenti del vento sulla superficie. Spiega l’Agenzia Spaziale Italiana:
La zona è caratterizzata da dune di sabbia scura lungo il fianco nordoccidentale del Monte Sharp ed è stata scelta per analizzare il rapporto tra il vento che spazza Marte e la composizione della sabbia. Nella giornata in cui sono state realizzate le fotografie del selfie, Curiosity ha saggiato il bordo della duna e provveduto, con esito positivo, alla prima raccolta di campioni sulle tre previste.
Il secondo prelievo è avvenuto il giorno stesso, mentre il terzo (previsto per il 22 gennaio) ha incontrato un problema: il CHIMRA tunnel (una delle componenti del “Colection and Handrling for In-Situ Martian Rock Analysis) non si è aperto, impedendo il setacciamento della sabbia ed il proseguimento degli esperimenti previsti. Il blocco ha impedito ogni altra operazione di raccolta e campionatura del terreno, costringendo Curiosity ad una fase di monitoraggio e auto-diagnosi alla ricerca del possibile guasto.
Operare su Marte è qualcosa di estremamente complesso poiché ogni componente va calibrata non soltanto per una normale attività di indagine, ma per resistere tanto al lungo viaggio, quanto al difficile atterraggio, quanto ancora alle complesse situazioni climatiche incontrate. Il progetto ExoMars, che porterà su Marte un trapano a bordo del lander Schiaparelli (tecnologia sviluppata dall’italiana Tecnomare, controllata al 100% da Eni), sfrutterà l’esperienza accumulata da Curiosity per riuscire a prelevare campioni di terreno molto più in profondità. A differenza dei prelievi di Curiosity (superficiali ed utili soltanto a carpire la struttura del terreno e le dinamiche di erosione correlate), ExoMars potrà scendere fino a 2 metri sotto la superficie marziana ed individuare così campioni non intaccati dal Sole. L’auspicio della comunità scientifica è quella di giungere alla raccolta di indizi finalmente definitivi per rispondere a quella che è la domanda ultima a cui tende l’umanità: c’è vita su Marte?
Per ora ci si accontenti di sapere che su Marte c’è il vento. E c’è la sabbia. Ci sono anche delle dune. Ma soprattutto c’è Curiosity, il prolungamento tecnologico degli occhi di milioni di umani che scrutano il cielo in cerca di nuovi interrogativi.