Le forte opera di comunicazione attorno al mondo del cyberbullismo sembra aver portato in Italia ad apprezzabili risultati: sebbene il 28% dei ragazzi asserisca di essere stato vittima di “bulli” tramite la rete, tale cifra risulta essere più bassa del 9% rispetto alla media europea.
La ricerca ha tentato di mettere da parte eventuali differenze culturali nell’interpretazione del concetto di “cyberbullismo” analizzando la sostanza delle dichiarazioni dei ragazzi e potendo così porre sullo stesso piano i dati raccolti nei vari paesi. Le cifre emergono da una ricerca Microsoft, da tempo attiva contro il fenomeno, e permettono di fare il punto della situazione relativamente ad una sfida che i più giovani necessitano di veder vinta per poter approcciare al Web con sufficiente tranquillità.
Il Web è da tempo nell’occhio del ciclone per la facilità con cui lo scambio di opinioni o fotografie possa tramutarsi in forte violenza psicologica nei confronti dei più giovani, soprattutto dei più vulnerabili. Costruire una maggior consapevolezza significa erigere maggiori difese: nel nostro paese il 69% dei ragazzi asserisce di conoscere il fenomeno, il che rappresenta la prima vera tutela del singolo di fronte alle minacce potenziali in arrivo.
Fondamentale, in questo contesto, il ruolo della famiglia: la scuola e le campagne di informazione fanno molto per instillare nei più giovani nozioni e dubbi necessari alla formazione di un atteggiamento attento, ma è soprattutto la supervisione della famiglia a poter fungere da antidoto e cura migliori.
Interessante, infine, la distinzione della casistica in base al sesso. Le femmine risultano infatti essere molto più propense ad “aggressioni” online, ove parola ed immagine hanno probabilmente una violenza ed un potere maggiore; tra i teenager di sesso maschile è invece ancora il bullismo tradizionale a farla da padrona, il che sembra richiamare ancora una volta ad un ingrediente di mascolina fisicità ancora proprio della cultura diffusa.