Da due ricercatori italiani nuovo allarme sul WiFi

Uno studio di cui è stato protagonista un team italiano ha scoperto come la sovrapposizione delle diverse reti senza fili nei grandi centri urbani crei un'unica grande rete WiFi che potrebbe veicolare con una facilità incredibile minacce informatiche
Da due ricercatori italiani nuovo allarme sul WiFi
Uno studio di cui è stato protagonista un team italiano ha scoperto come la sovrapposizione delle diverse reti senza fili nei grandi centri urbani crei un'unica grande rete WiFi che potrebbe veicolare con una facilità incredibile minacce informatiche

La continua diffusione del WiFi nelle aree cittadine potrebbe essere un veicolo ideale per la diffusione di minacce informatiche. Così si chiude lo studio dell’Università dell’Indiana portato avanti da un team che comprende anche gli italiani Vittoria Colizza ed Alessandro Vesprignani, esperto laureato alla Sapienza e ora in forze all’università statunitense.

Quello che il gruppo ha studiato è come una possibile minaccia possa contagiare diversi device attraverso le reti senza fili. I modelli matematici utilizzati per le loro simulazioni sono simili a quelli delle malattie infettive: il virus informatico infatti, per comportamento e contagio, si comporta in maniera del tutto simile al virus biologico.

Il risultato è che in caso di pandemia informatica wireless tutti gli hotspot considerati “vulnerabili” sarebbero colpiti entro le prime 24 ore, mentre ci vorrebbero due settimane perchè il 55% di tutti i punti di connessione diventi infetto, cosa che in un’area urbana si può tradurre in decine di migliaia di device contagiati.

Fino a qualche tempo fa un simile problema non era calcolabile poichè le reti WiFi sono locali per definizione e diverse l’una dall’altra, dunque un criminale dovrebbe attaccarle una per una e ogni volta trovarsi in prossimità del router. Ma con il continuo fiorire delle WLAN accade che nei grossi centri esse si sovrappongano, creando di fatto un’unica grande rete.

L’attacco simulato dal gruppo era basato sul tentativo di sostituire il firmware all’interno degli access point o dei router che tengono in piedi la rete WiFi di posti come Manhattan o Chicago, complessi urbani da almeno 18.000 nodi di connessione. La scelta è stata tale perchè si voleva dimostrare come pochissime persone siano attente alle intrusioni nei loro hotspot e solo il 44% di loro utilizzi una forma qualsiasi di criptaggio dei dati.

«Quello della diffusione del malware attraverso le reti Wifi è un vero problema» ha dichiarato il team. Ad ogni modo però oggi la maggior parte degli attacchi su reti senza fili si basa sulle stesse dinamiche del phishing, cioè sulla creazione di pagine di accesso fittizie mirate a rubare i dati di login degli utenti.

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