Gli studi eseguiti nei laboratori di InVisage Corporation potrebbero segnare una vera rivoluzione nel campo dei sensori immagine, cioè quei dispositivi presenti nelle fotocamere digitali, nei cellulari o nell’iPhone sensibili alla luce, che hanno sostituito la pellicola e che, ogni giorno, ci permettono di realizzare fotografie. I ricercatori americani hanno sviluppato un nuovo prodotto in grado di migliorare la resa grazie a una maggiore capacità di raccogliere la luce.
Quando si parla di fotocamere o di dispositivi fotografici in generale, la prima caratteristica su cui ci si concentra è la risoluzione, espressa in Megapixel, convinti che maggiore questa sia migliore sarà la qualità della foto. Ciò che aumenta, in realtà, è il dettaglio non la qualità di un’immagine, che è cosa ben diversa. Per questo si commette un grosso errore nel considerare la risoluzione come l’unica caratteristica degna di nota. La qualità di una foto dipende da molti parametri, uno di questi è la capacità di raccogliere più luce possibile, cioè più fotoni.
Il nuovo tipo di sensore sviluppato da InVisage, stando ai risultati degli studi, è in grado di raccogliere circa il 95% della luce che lo colpisce. Un risultato straordinario se si pensa che le due tipologie di sensori oggi in commercio, CCD e CMOS, sono in grado di catturare solo il 25% della luce incidente. In questo modo, si produce un’immagine con un sensore dalla resa quattro volte superiore e con una gamma dinamica, cioè la capacità di distinguere i passaggi dal nero al bianco passando per i vari livelli di grigi, pari al doppio.
I nuovi sensori sono stati sviluppati partendo dalla filosofia che sta alla base dei sensori CCD/CMOS, cioè un filtro colore, sensibile alle varie lunghezze d’onda della luce incidente (i colori), e due strati metallici prima dello strato di silicio, con la differenza di un ulteriore strato, chiamato QuantumFilm, cioè Strato Quantico, posto tra il filtro colore e il primo film metallico, che agisce come una spugna nei confronti della luce. In questo modo, una maggiore quantità di luce arriverà sulle strato di silicio, con una conseguente riduzione del rumore e aumento dell’informazione processabile.
Lo strato quantico copre tutta la superficie sensibile del sensore, in modo da massimizzare la quantità di luce, e viene depositato in forma liquida fino a raggiungere lo spessore di un nanometro, cioè un miliardesimo di millimetro. Tutto ciò è stato reso possibile grazie all’apporto determinante delle nanotecnologie, che permettono di ricostruire la materie partendo dalle dimensioni atomiche. Gli studi sul nuovo dispositivo procedono da tre anni e sono tuttora in corso; si prevede che il primo prototipo di sensore al QuantumFilm possa essere pronto per la fine dell’anno.