Bizzarra e quasi paradossale la storia di Liu Jun, 28enne programmatore cinese noto per essere stato l’autore, insieme a tre complici, del virus Panda Burning Joss Sticks. Incriminato per la sua attività, che all’epoca gli fruttò circa 13.000 dollari, Jun ha passato quattro anni dietro le sbarre, tornando ora alla ribalta con un’opera benefica destinata proprio al miglioramento della condizione dei panda rimasti in Cina.
Nel bene o nel male è il grande mammifero bianco e nero a scandire le fasi della sua vita, dapprima con un malware capace di mettere in crisi migliaia di computer e ora con una donazione da 50.000 yuan (pari a circa 5.700 euro) al centro Chengdu Research, che si occupa proprio della salvaguardia dei panda. «I virus sono stati un vero incubo per me e ora sono felice di poter dare il mio contributo per qualcosa di buono», queste le sue parole e la sua ricerca di perdono.
Il virus PBJS, una volta raggiunto un computer, era in grado di modificare le icone dei file all’interno di desktop e cartelle (rappresentandole graficamente come un panda che regge tre bastoncini d’incenso), di compromettere il corretto funzionamento dei software installati e di sottrarre le credenziali di accesso a servizi di messaggistica istantanea e giochi online. Parte dei guadagni di Liu Jun, in quel periodo, arrivò dalla vendita di software antivirus proprio agli utenti da lui stesso infettati.
A seguito di tale iniziativa benefica si è fatta largo l’ipotesi di una possibile assunzione del responsabile da parte del gruppo Panda Antivirus: benché affascinante come teorema, trattasi però di una notizia fasulla che il gruppo si è affrettato a smentire categoricamente.