Quando la RIAA balza agli onori delle cronache non lo fa mai presentandosi a mani vuote. Così è anche stavolta per l’ennesima puntata della battaglia legale contro gli utenti del P2P: puntando sulla forte eco creata dai grandi numeri, la RIAA propone 477 nuove denunce contro altrettanti “John Doe” portando così nuova linfa alle rimostranze portate avanti dall’associazione statunitense delle major discografiche.
Ancora una volta viene coinvolto nel caso il mondo universitario: 14 campus sono nel mirino in quanto alcuni studenti avrebbero sfruttato le strutture e la connettività messe a disposizione dall’università per scambiare file illegali. Secondo la procedura le denunce sono prive di nominativo e semplicemente indirizzate ad anonimi ben identificati da precisi numeri IP. Se la causa andasse in porto le università saranno costrette ad aprire i propri registri ed a consegnare i nomi degli utenti incriminati.
Delle oltre 2000 denunce registrate prima dell’ultima ondata, ben 437 sono sfociate in un accordo tra le parti con il quale, per una cifra approssimativa di 3000 $, ogni indagine viente messa a sopire. Secondo Cary Sherman, massimo rappresentante della RIAA, l’attività legale è utile nell’ottica di una complementarità con la campagna di sensibilizzazione in atto, al fine di meglio promuovere ed imporre una logica di legalità che porti all’ostracismo nei confronti del peer-to-peer.
Le migliaia di denunce avanzate non portano però al momento risultati concreti che vadano oltre alla semplice destabilizzazione dell’ambiente. Secondo una recente indagine portata avanti dalla Pew Internet & American Life Project, sarebbe in crescita il numero delle persone che sfruttano i canali di file-sharing: tale dato dimostra in modo incontrovertibile come l’azione di forza non sortisca ancora gli effetti programmati.