«La pratica della contraffazione colpisce in Europa lavoratori e consumatori; giocattoli, DVD, CD, medicine, rappresentano solo un esempio di questo commercio pericoloso, che negli ultimi dieci anni è incrementato del 1600%! Gli eurodeputati hanno chiesto un’armonizzazione delle varie leggi nazionali per rafforzare l’efficacia delle misure in campo, pur se alcuni deputati, come lo spagnolo David Hammerstein ha criticato questa sorta di caccia alle streghe in atto, o il collega tedesco Rainer Wieland che ritiene l’introduzione di sole sanzioni insufficiente per risolvere il problema. […] Il voto alla relazione è previsto per mercoledì 25 aprile». Così il sito del Parlamento Europeo presentava la vigilia dell’IPRED2. 24 ore dopo il voto veniva registrato ed il provvedimento veniva approvato con 374 voti positivi contro 278 contrari e 17 astenuti (dati Electronic Frontier Foundation).
La direttiva prende il nome di IPRED2 da “Intellectual Property Enforcement Directive 2“. Il succo della vicenda è in alcuni passaggi della normativa: «le disposizioni di questa direttiva devono essere integrate da alcune disposizioni penali sufficientemente dissuasive e applicabili su tutto il territorio della Comunità. Per contrastare efficacemente la contraffazione e la pirateria nell’ambito del mercato interno è necessario procedere al ravvicinamento di alcune disposizioni penali. Il legislatore comunitario è competente ad adottare le misure penali necessarie per garantire la piena efficacia delle norme che esso emana in materia di protezione della proprietà intellettuale, come definita dalla presente direttiva e comunque ad esclusione della materia brevettuale […] Occorre prevedere disposizioni finalizzate ad agevolare le indagini penali. Gli Stati membri devono prevedere che i titolari del diritto di proprietà intellettuale interessati, o i loro rappresentanti, e gli esperti possano contribuire alle indagini condotte da squadre investigative comuni».
La direttiva propone dunque un’armonizzazione europea dei dispositivi di repressione delle attività pirata. La direttiva definisce quali casi siano punibili, quali confische possano essere attuate e quale debba essere il ruolo degli stati membri nel contesto di un’azione europea di repressione. Ma su alcuni punti vi sono forti risentimenti da più parti, tra le quali è possibile registrare la posizione Adiconsum: «il coinvolgimento dei titolari di diritti di proprietà intellettuale nelle squadre investigative comuni presenta rischi sotto il profilo dell’imparzialità dell’indagine, delle prove addotte e della tutela dei diritti della difesa. Gli Stati membri devono fare in modo che siano adeguatamente protetti i diritti della difesa e mantenute le norme sulla produzione di prove in campo penale.». Il comunicato prosegue inoltre riportando la posizione specifica di Paolo Landi, Presidente dell’associazione: «il cittadino deve avere la certezza che le intromissioni nella sua vita privata siano eseguite solo da forze dell’Ordine e dalla magistratura, le uniche che agiscono per il più alto bene collettivo e non rispondono a meri interessi di parte […] Il Parlamento Europeo ha preso per buone le sole proposte dei produttori. Non solo, si è permesso che la magistratura si attivi sulla semplice richiesta del produttore. Siamo di fronte al tentativo di utilizzare la magistratura a tutela del business e non del cittadino».
Un ulteriore allarme rosso giunge da parte del progetto e-Margherita: una specifica disamina dell’IPRED2 sottolinea i pericoli incombenti per la libertà dei cittadini dell’UE snocciolando una ad una tutte le maggiori incongruenze della direttiva. In particolare il documento evidenzia i pericoli di una non chiara situazione nell’omologazione dell’intervento in ambito penale, il tutto nel contesto di una direttiva che non affronta opportunamente le varie sfumature di cui la pirateria è composta.
La direttiva è animata da buoni propositi (quali la riduzione del salasso che la pirateria comporta per grandi aziende detentrici di proprietà intellettuali, nonchè nell’ottica di una omologazione necessaria per ridurre le grandi discrepanze tra le singole realtà nazionali), ma le opinioni negative per altri opinabili aspetti (soprattutto nell’ambito dei media cinematografici e della musica) preludono a tutta una serie di ostacoli lungo la trafila che la direttiva dovrà d’ora in poi ancora affrontare.