Nel proprio intervento alla Camera dei Comuni, il primo ministro David Cameron ha fatto il punto sulla situazione in Inghilterra dopo le violenze dei giorni scorsi. Il suo è stato un discorso estremamente deciso, improntato all’uso della forza per sconfiggere i rivoltosi, ed un cenno importante è stato dedicato anche ai social network ed alla volontà di porre un freno anche a questa variabile.
Le parole di Cameron su questo punto sono state vaghe e probabilmente strumentali più a far trapelare il pugno duro del Governo, che non mirate alla descrizione di qualcosa che si vuol realmente porre in essere. Le autorità, infatti, sarebbero pronte ad intervenire sui social network per impedire che i rivoltosi possano avere la strada spianata per mandare a segno ulteriori attacchi ed ulteriori disordini. Traduce così il Corriere della Sera l’intervento del Premier:
Non escludiamo il blocco dei social network in caso di nuovi disordini. La libera circolazione delle informazioni può essere usate per nobili azioni. Ma anche per azioni malvagie. Stiamo lavorando con la polizia, i servizi d’intelligence e l’industria per capire se può essere giusto impedire alle persone di comunicare attraverso questi siti e servizi quando sappiamo che stanno preparando violenze disordini e atti criminali
Dalle parole di Cameron è chiaro come si tratti più di una ipotesi che non di una vera dichiarazione di intenti: le autorità intendono fare in modo che Facebook, Twitter o i messaggi inviati via BlackBerry possano favorire l’organizzazione degli insorti, ma il tutto va ovviamente a scontrarsi con la necessità di garantire libera manifestazione di pensiero ai cittadini. Twitter ad esempio avrebbe già fatto pervenire a Downing Street la propria opposizione: i tweet continueranno a fluire, senza filtri e senza ostacoli. Fermare le comunicazioni, del resto, parificherebbe la reazione del Regno Unito alle risposte dei regimi nord-africani dopo le rivolte dei mesi scorsi: chiunque abbia tentato di frenare i social network ne è rimasto sopraffatto. Cameron in tal senso ha ipotizzato una misura mirata, indicando la possibile richiesta di sospensione degli account attivi nell’organizzare o nell’incoraggiare gli scontri di piazza.
Più probabilmente le autorità cercheranno con i social network una collaborazione fattiva per tentare di identificare i colpevoli dei disordini e per anticiparne le azioni future. Più probabilmente David Cameron userà i guanti su un tema tanto delicato, facendo seguire azioni chirurgiche e diplomatiche al proprio discorso sulla necessità del pugno duro. Più probabilmente i social network potranno continuare ad operare senza ostacoli, ma il loro uso da parte dei rivoltosi sarà un’arma a doppio taglio: un accelerante per l’organizzazione delle offensive, ma un ritorno di fiamma per quanto concernente la reazione delle forze dell’ordine.
Il ruolo stesso dei social network, del resto, è ancor oggi tutto da soppesare nelle sue dimensioni effettive: pensare ai social network come ad una causa scatenante sarebbe fuorviante, ingenuo e probabilmente strumentale. Facebook o BlackBerry Messenger non sono certo alla base della rivolta, scoppiata per motivi e per circostanze maturati sicuramente offline. Al tempo stesso, però, i canali social sono in seguito diventati lo strumento ideale per il passaparola e per il coinvolgimento. Oggi ogni azione scomposta che possa porre a tacere la cittadinanza sarebbe deleterio. E questo, nonostante le dichiarazioni di facciata, difficilmente può essere sfuggito a Cameron in una situazione tanto delicata.