iPad, l’oggetto al centro dei desideri di milioni di utenti, sembra aver convinto proprio tutti, editori compresi. Le più importanti testate mondiali fanno a gara per aggiudicarsi il proprio spazio sul tablet targato mela, tuttavia c’è qualcuno che legittimamente ha sollevato qualche dubbio sulla filosofia editoriale di Cupertino.
Si tratta di David Remnick, editore del New Yorker, il quale ha criticato le restrittive policy di Apple per l’accesso ad App Store. A rivelarlo è la versione americana di Wired, la testata che fa capo a Condé Nast, proprio come il New Yorker.
Nel trade-off tra apparire su iPad e limitare i propri contenuti, Remnick non ha dubbi: verrà salvaguardata la linea del giornale, rigettando ogni possibile censura da parte di Cupertino. Per una testata come il New Yorker, solita a riportare i fatti senza filtri o a ironizzare sui personaggi politici, un’eliminazione di contenuti scomodi in favore di App Store potrebbe comportare un serio danno, sia in termini di immagine che economici. Apple, infatti, ha eliminato dal proprio negozio virtuale anche semplici fotografie a stampo satirico, figuriamoci cosa può accadere a una società, come appunto il New Yorker, solita a pubblicare copertine e articoli di grande impatto emotivo, come quella che ha visto come protagonista il Presidente Barack Obama.
Si tratta di una questione di certo annosa, che mostra i limiti intrinsechi delle disposizioni imposte da Apple. A questo si aggiungano le fatiche di tutti gli editori che, a causa della mancanza del plugin Flash, sono costrette a investire ingenti somme di denaro per rendere i propri siti compatibili con iPad.
Si spera, tuttavia, che la mossa del New Yorker sortisca gli obiettivi prefissati, ovvero modificare le severissime policy di App Store. Il tutto, però, pagato a caro prezzo.