Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso, non si è lasciato sfuggire l’occasione per ribadire il proprio punto di vista sul modo in cui interpreta il mercato, il mondo della rete, il ruolo dell’editoria e, soprattutto, l’animosità ostile che vive nei confronti di Google. E l’occasione è quella del convegno “Giochiamoci il futuro” organizzato a Capri da Between.
C’è invidia, anzitutto. Una gelosia pubblicamente ammessa che sconfina nell’ostilità per l’ingombro che il colosso di Mountain View porta sul mercato togliendo risorse alle strutture tradizionali dell’editoria: «Ho una grandissima ammirazione e, non lo nego, anche una certa invidia nei confronti di chi possiede Google, ma questa gente deve capire che non può continuare a vivere da parassita, come chi fornisce un prodotto con i contenuti che sono i nostri».
“Parassita”: il concetto è sempre il medesimo. De Benedetti continua a chiedere che Google debba sottostare a regole nuove e differenti, rispettando la produzione altrui e configurando sistemi di business differenti nei confronti dei partner da cui il materiale viene indicizzato: «Google raccoglie 400 milioni di pubblicità senza fornire alcun prodotto, ma veicolando i nostri contenuti. Non può continuare a trarre un profitto colossale dai nostri contenuti, è assurdo e non esiste».
De Benedetti non sembra intravedere grossi margini di trattativa, ma al tempo stesso non sembra saper fornire una soluzione. La richiesta è semplicemente quella di avere una fetta degli introiti, condividendo direttamente con Google i guadagni (anche se la cosa appare di difficile contrattazione visto che un servizio come Google News non raccoglie pubblicità mentre la ricerca tradizionale non può che essere una risorsa aggiuntiva e non certo penalizzante nei confronti degli editori): «va discusso e affermato uno sharing sui guadagni. Si può discutere su quale sia lo sharing giusto, ma il principio dello sharing va affermato».
Una nuova abbozzata proposta però fa capolino tra i commenti a quelli che sono gli esperimenti USA nel settore: «Le news sono come commodities e quindi sono gratuite, mentre i commenti alle news possono essere a pagamento. Al fatto di mettere il tassametro come il New York Times, io credo poco».
Il discorso si chiude pertanto entro limiti noti e già ampiamente dibattuti: De Benedetti considera Google un ostacolo alla crescita dell’editoria. Ma la sua sembra ormai una voce fuori dal coro, se non altro per le argomentazioni apportate alla tesi e per l’assenza di proposte alternative all’altezza del blasone dell’editore.
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