Con un lungo intervento sul Sole24Ore, il Presidente del gruppo L’Espresso, Carlo De Benedetti, ha formulato una proposta che intende lanciare al legislatore italiano: chi gestisce le connessioni al Web dovrebbe devolvere parte dei proventi all’editoria, perchè è dei prodotti dell’editoria che si basa gran parte della navigazione su Internet. De Benedetti analizza in breve le dinamiche del Web, fornendo una visione parziale (da editore) di quello che è il meccanismo di propagazione delle informazioni digitali ed in parallelo il meccanismo che sta portando alla caduta della libera informazione su cartaceo.
[Update: I nostri 10 “no” a De Benedetti]
La seconda parte dell’intervento, però, è quella che più di ogni altro attirerà gli strali di quanti vedono il Web in modo differente ed approcciano l’editoria tradizionale con un piglio meno protettivo. Spiega infatti De Benedetti: «Anche in Italia le autorità di garanzia e il legislatore devono studiare come consentire ai produttori d’informazione di qualità di continuare ad operare. Ho una proposta, per aprire il dibattito. Il passaggio dei giornali al web, che amplia l’audience e diminuisce i fatturati, venga sussidiato alla stregua del passaggio dall’analogico al digitale nella televisione. Il meccanismo potrebbe essere simile a quello utilizzato per le politiche di sostegno alle energie rinnovabili. In quel caso l’interesse generale giustifica un prelievo proporzionale erga omnes sulla bolletta energetica. Qui il prelievo potrebbe avvenire sulla bolletta della connettività, a prescindere dall’utilizzo, da parte del singolo, di contenuti informativi durante la propria navigazione. Non si tratterebbe di un contributo perenne ma di un finanziamento alla transizione da regolamentare a livello di singolo paese».
Secondo De Benedetti, insomma, lo Stato dovrebbe aiutare l’imprenditoria editoriale ad affrontare la transizione dalla carta al Web. L’aiuto dovrebbe essere formulato prelevando una parte delle entrate derivanti dalle connessioni, girando tale cifra ad un fondo per l’editoria: «Alla Rete potrebbe cioè essere estesa la logica adottata per la televisione satellitare, in cui il proprietario della piattaforma retrocede ai fornitori di contenuti una quota del fatturato derivante dagli abbonamenti». Così come Sky gira una parte dei proventi ai gruppi che forniscono i contenuti, insomma, la piattaforma “rete” dovrebbe devolvere parte delle entrate a chi fornisce informazione, quantomeno quella di qualità.
De Benedetti fa anche i conti in tasca ai provider: «Nel 2007 gli utenti in Italia hanno pagato 3,36 miliardi di euro per la banda larga (relazione 2008 dell’Autorità per la garanzia delle comunicazioni); in media una Adsl nel mercato residenziale costa 20 euro al mese equivalente ad un fatturato annuo superiore ai 4 miliardi di euro tenuto anche conto del crescente utilizzo di internet mobile. Una ripartizione di questo fatturato, come d’altronde avviene già negli Usa, tra operatori telefonici e generatori di contenuti renderebbero non iniquo come attualmente è il rapporto tra chi sostiene i costi per produrre contenuti e chi deriva utili da traffico utilizzando quei contenuti». La richiesta è chiara: gli editori vogliono, nel nome di una situazione ormai sull’orlo del baratro, una fetta della torta. Fetta che sarebbe motivata dal fatto che «Oltre il 30% del traffico in rete è generato dai siti di quotidiani e reti televisive». Secondo De Benedetti servono azioni «con carattere d’eccezionalità». Il dibattito è aperto.