Sebbene la vicina deCODE Genetics abbia dichiarato bancarotta, le attivita della deCODEme sembrano essere oltremodo vive e, soprattutto, ambiziose. Il gruppo, infatti, ha lanciato in queste ore una sfida diretta a 23andMe, il gruppo che più di ogni altro ha calamitato le attenzioni dell’utenza grazie ai fondi, al brand ed al traino promozionale garantiti da Google nella persona di Sergey Brin.
Tutto emerge da un semplice twit, nel quale deCODEme invita gli utenti 23andMe ad approfittare di una speciale promozione con cui propone l’analisi del codice genetico a titolo gratuito. Quello che l’azienda propone, insomma, è di trasferire i dati emergenti dall’analisi della saliva effettuata dall’azienda rivale, offrendo un tool per un rapido upload e promettendo una decodifica più precisa ed avanzata rispetto alla controparte. Il valore promozionale è forte, ma una azione di questo tipo non può che sollevare nuovi enormi riflessioni circa la tutela della privacy in un settore tanto delicato.
L’intento è quello di mettere nelle mani degli utenti una vera e propria formula di comparazione. La deCODEme non può garantire della bontà dell’analisi altrui, ma partendo dalla mappatura del DNA effettuata dalla 23andMe promette riscontri molto più precisi ed interessanti. Se l’utenza migrasse in massa, la deCODEme si troverebbe molti più dati a disposizione e potrebbe pertanto trovarsi nuovo valore tra le mani per far uso dei dati aggregati secondo quelle che sono le dinamiche del business model portato avanti con la ricerca e con le industrie farmaceutiche.
Gli utenti 23andMe, i quali hanno affidato alla piccola azienda legata a doppio filo con Google il proprio DNA, si trovano ora con la curiosità di far analizzare i propri dati anche all’azienda rivale. Ciò significa però uno sdoppiamento dei dati, mettendo così il proprio DNA all’interno di due diversi database (per ottenere, peraltro, risultati che saranno in larga parte similari). Negli Stati Uniti il dibattito sul settore è forte e leggi speciali hanno già vietato alle aziende di utilizzare il genoma per assunzioni o trattamenti discriminatori nei confronti dei propri dipendenti (GINA – Genetic Information Nondiscrimination Act). In Italia il dibattito è rimasto in larga parte nascosto anche se, in occasione dei nostri approfondimenti sul caso, è emerso un numero crescente di utenti interessati all’analisi del DNA secondo le nuove procedure proposte da questo tipo di aziende (ed altre deviazioni ben meno scientifiche e ben più pericolose).
L’aspetto interessante nella sfida lanciata da deCODEme è nel fatto che i dati relativi al DNA vengono trattati alla stregua della policy che Google garantisce ad esempio per account, email o altri dati prelevati da servizi rivali: la privacy viene garantita e si assicura un servizio migliore semplicemente compiendo un upload dei propri dati. Così come si importano contatti da Yahoo Mail a Gmail, insomma, deCODEme importa i dati relativi al DNA da 23andMe al proprio database. Ne scaturisce una sdoppiatura dei dati che crea nuovo valore pur senza comportare costo alcuno per l’utenza.