Oggi, dicono, è la prima Giornata Internazionale della Felicità. Ce n’era bisogno? Di felicità sicuramente, di una giornata celebrativa forse: per meditare sul problema, quantomeno. E se portiamo l’argomento su un sito di tecnologia, un motivo c’è: perché anche la tecnologia, a modo suo, ha fortemente a che fare con la felicità. Provocatoriamente abbiamo lanciato la domanda oggi stesso sulle nostre pagine Facebook e Google+, raccogliendo un certo imbarazzo: migliaia di persone hanno colto l’interrogativo, ma poche hanno tentato di rispondere. Perché quando si parla di felicità spesso si rimane spiazzati di fronte alla vastità del tema, di fronte alla delicatezza dello stesso e di fronte al tentativo di tradurre in parole ed esempi il concetto.
Se ti mettono uno smartphone in mano o un computer davanti agli occhi, quale è la prima cosa che fai se vuoi sentirti felice?
Angelo ha proposto di spegnere qualsiasi gingillo elettronico per essere davvero felici. Ed è questa una prima vera teoria avanzata. Una teoria che ha le sue forti radici nella necessità di allontanare, a volte, la tecnologia da sé stessi per isolarsi, per ritrovarsi, per spegnere l’invadenza che i nuovi strumenti di comunicazione spesso ci impongono con notifiche, trilli e messaggi continui. Una risposta che ha una sua dignità e che trova molti seguaci: più l’innovazione si fa incalzante e più matura la necessità di una protezione, di un conservatorismo ispirato dalla cautela. L’inerzia, per certi versi, ha una accezione positiva: significa fermarsi un attimo e rifiatare senza che la tecnologia imponga di fare ossessivi passi avanti (spesso nemmeno desiderati, ma soltanto ispirati da un mercato che crea quotidianamente nuovi bisogni per proporre quotidianamente nuove soluzioni).
Eros propone un video per la cura contro l’ansia pre-esami. Un modo per alleviare una tensione interna con una risata, insomma. Fabrizio pensa alla vita offline: «cerco luoghi dove vorrei andare con il mio camper e che il viaggio abbia inizio. La tecnologia mi serve per rendere la quotidianità più semplice». Giovanni Battista suggerisce di fare qualcosa di utile e costruttivo. Giuseppe cerca amici in rete ed organizza una partita a calcetto seguita da una pizzetta.
Queste ultime sono risposte che guardano lo stesso problema, ma con un altro approccio: esprimendo fiducia nei confronti dello strumento tecnologico. Uno smartphone ed un pc possono insomma sì essere fonte di felicità, ma non in quanto “fine”: solo in quanto “mezzo”. Sono strumenti, ed in quanto tali sono in grado di veicolare un qualcosa mettendolo a disposizione della persona. Tutto sta, come sempre, nel sapere utilizzare lo strumento in modo intelligente, consapevole ed utile; senza subirlo, ma anzi controllandone le dinamiche.
Sì, si può cercare la felicità nella tecnologia. Purché la tecnologia in sé non sia la fonte unica della felicità, se non per pochi minuti (sì, può anche esserlo in certe circostanze), per una parentesi circostanziata, per un mordi e fuggi di felicità che non è la Felicità con la F maiuscola. In caso contrario si è confuso il fine con il mezzo ed il corto circuito potrebbe essere particolarmente deleterio.
Le risposte più esaustive sembrano dare tutte il medesimo indirizzo: la felicità può essere sì cercata con la tecnologia, ma la si trova soltanto quando la tecnologia aiuta a guardare dentro sé stessi. Perché sembra essere lì l’unica vera risposta al bisogno di felicità. Ed è riflettendo intimamente su questo punto che oggi, forse, diventa possibile dare un significato vero alla prima Giornata Internazionale della Felicità: chiedendoci cosa sia, dove sia e se sia possibile raggiungerla con un sorriso. O con un click.