La prima versione di Chromecast, quella commercializzata a partire dal 2013, era caratterizzata da un design che ricorda da vicino quello di una classica pendrive USB o di un micro-PC da connettere allo slot HDMI di televisori e monitor. La seconda, quella lanciata nell’autunno del 2015, ha invece un aspetto differente: circolare, più elegante, con un magnete integrato che permette di tenerlo incollato al retro della TV.
In fase di progettazione, bigG ha valutato anche altre possibilità, poi scartate in vista della produzione. Una è quella svelata da un brevetto reso pubblico nei giorni scorsi dall’ente americano USPTO (United States Patent and Trademark Office). Le immagini allegate di seguito sono estratte dalla documentazione. Quello visibile è un apparecchio piatto, sostanzialmente un cavo con una sorta di piastrina nel mezzo. Sopra il logo dell’ecosistema Chrome. Il dispositivo è identificato come “Media streaming device". Alle due estremità quanto serve per l’alimentazione e per la trasmissione del segnale audio-video.
Nei mesi scorsi bigG ha presentato anche Chromecast Ultra, terza edizione del dongle, leggermente cambiata in termini di design (di poco più pesante e ingombrante), con supporto alla modalità HDR, alla risoluzione 4K (o Ultra HD) e con alimentazione esterna comprensiva di slot Ethernet per la connessione cablata a Internet. Il dispositivo continua a vendere piuttosto bene, grazie anche al supporto da parte di tutte le applicazioni più utilizzate per l’intrattenimento multimediale, in primis quelle dedicate allo streaming, come Spotify, Google Play Musica e Netflix.
Tornando al brevetto, i firmatari sono Kristen Beck e Michael Sundermeyer, rispettivamente ex numero uno della divisione Living Room di Google (nonché responsabile di prodotti come Chromecast) e direttore del comparto UX per i dispositivi della linea Home destinati all’ambito domestico.