Non è cosa comune vedere Microsoft e Google seduti dalla stessa parte, ma se si parla di salute gli interessi delle due aziende sembrano colimare e convergere su medesimi principi. Una dichiarazione che certifica il possesso dei dati personali da parte dell’utente mette i due grandi gruppi d’accordo: se si vuole portare il computing nel mondo della sanità, all’utente deve essere assicurato il più totale, immediato e conveniente accesso ai propri dati personali.
Tutto è organizzato sul sito HealthDataRights.com. Il sito rappresenta una sorta di dichiarazione essenziale dei diritti fondamentali degli utenti nei confronti dei propri dati sanitari: «in un’era in cui la tecnologia permette alle informazioni sulla salute delle persone di essere più facilmente archiviate, aggiornate, utilizzate e scambiate, i diritti conseguenti devono essere inalienabili». Gli utenti, quindi:
- devono avere il diritto di possedere i propri dati;
- devono avere il diritto di sapere la fonte degli singolidati relativi alla propria salute;
- devono avere il diritto di entrare in possesso della copia completa dei propri dati, senza ritardi, se non minimi, e senza costi; se i dati esistono in forma digitale, devono essere messi a disposizione in questa forma;
- devono avere il diritto di condividere i propri dati sanitari.
Trattasi di principi semplici, quasi lapalissiani, ma trattasi di una dichiarazione di fondamentale importanza nel momento in cui gruppi di grande influenza entrano nel mercato della salute nel quale la materia prima è un insieme di dati sensibili fortemente delicato.
Tre brand, su tutti, emergono nella lista dei firmatari della dichiarazione pubblica: Peter Neupert e Sean Nolan(Microsoft Health); Anne Wojcicki e Linda Avey (23andMe, azienda notoriamente legata a doppio filo con Google); Missy Krasner e Adam Bosworth (Google Health). Trattasi di adesioni personali che portano a bordo i nomi delle rispettive aziende, il tutto con una modalità di adesione interessante: un semplice twit con tag “#myhealthdata” è sufficiente per “firmare” la dichiarazione ed allinearsi ai principi enunciati. Nessun fondatore a capo dell’iniziativa: trattasi di un’operazione corale, un movimento di gruppo che cerca nella dimensione orizzontale il significato trasparente ed aggregativo della dichiarazione.
Google e Microsoft hanno controfirmato l’adesione sui rispettivi blog, ma il percorso che porterà ad una vera e totale salvaguardia dei diritti dell’utente dovrà passare per qualcosa di molto più radicale di un impegno pubblico formale. Rappresentanze tanto di Microsoft quanto di Google, infatti, sono già state assoldate da Barack Obama per alimentare un gruppo che dovrà coadiuvare il Presidente nella propria legiferazione relativa alle tematiche scientifiche e tecnologiche.
La salute, lo si sa da tempo, è una delle frontiere più calde e delicate. Una dichiarazione dei diritti dell’utente è un primo passo nell’ottica di un percorso che richiede anzitutto una evidente buona volontà condivisa delle parti in causa. La dichiarazione è peraltro costituita di regole ormai universalmente riconosciute a livello formale, ma non sempre i diretti responsabili ne sono al corrente: la firma alla dichiarazione dei singoli responsabili è un passo anche in questa direzione, affinché sia chiara la presa di coscienza dei problemi di sicurezza, privacy ed accessibilità che i dati implicano.