Dieci buoni motivi per cancellarsi da Facebook

Dieci buoni motivi per cancellarsi da Facebook

Paradossalmente, con l’introduzione dei nuovi pulsanti qui a fianco destinati allo sharing dei post sui social network, ci siamo resi conto che l’argomento più condiviso sul portale di Mark Zuckerberg riguarda proprio il metodo per cancellarsi da Facebook. Ma perché mai un utente dovrebbe voler eliminare il proprio profilo da uno dei siti più cliccati di tutto il Web?

Al quesito prova a rispondere Dan Yoder, con un intervento comparso nei giorni scorsi sul blog Rocket.ly, nel quale viene illustrato un esaustivo elenco di dieci ragioni valide per sabotare Facebook. Eccolo di seguito.

  • I Termini del Servizio di Facebook sono convenienti solo per chi gestisce il sito e non per gli utenti. Non solo affermano che ogni dato caricato appartiene al social network, ma minacciano anche gli utenti di riservarsi la possibilità di eliminare l’account qualora non venga aggiornato regolarmente. Gli iscritti a Facebook sono dei “dipendenti non pagati”;
  • Mark Zuckerberg, il numero uno di Facebook, ha dei trascorsi poco rassicuranti, soprattutto dal punto di vista etico. Secondo BusinessInsider.com, in passato ha utilizzato indirizzi email e password di alcuni utenti per screditare la concorrenza e ha versato 65 milioni di dollari a un suo ex compagno di scuola che reclamava la paternità del progetto;
  • Facebook ha dichiarato apertamente guerra alla tutela della privacy, ritenendola controproducente in termini economici e sostenendo che “le abitudini degli utenti stano subendo una metamorfosi, portando inevitabilmente al cambiamento delle norme che regolano la condivisione online”;
  • Facebook è doppiogiochista. Ogni qualvolta rende disponibile una nuova API per gli sviluppatori, li informa dettagliatamente su come sfruttare il più possibile i dati personali degli utenti all’interno delle applicazioni, ma non avvisa quest’ultimi, o lo fa in modo poco chiaro, sulle pratiche messe in atto;
  • quando un programmatore rese note le reali intenzioni dietro al rilascio dell’API Open Graph, ovvero rendere pubblico tutto quanto condiviso dagli utenti, Facebook gli intimò il silenzio ricorrendo a vie legali;
  • i dati personali non sono in possesso esclusivamente di Facebook, ma anche di tutti coloro che si impegnano nello sviluppo di applicazioni third party, con conseguenti e facilmente ipotizzabili rischi per la privacy;
  • non si tratta di un social network sicuro nemmeno dal punto di vista tecnico, spesso soggetto a phishing o spam. Celebre, in passato, l’errore che portò a rendere pubblici tutti i profili degli iscritti;
  • nel caso in cui decidiate di chiudere il vostro account, non basterà un semplice click. La procedura per la cancellazione dell’identità digitale del social network è lunga, macchinosa e spesso infruttuosa. Facebook tende a portare gli utenti a disattivare il profilo, ma non a eliminare le loro informazioni dal database. Tag, preferenze e contatti rimarranno in bella vista, a meno di non seguire una delle guide non ufficiali reperibili in Rete;
  • Facebook non è un sistema aperto. Nonostante i proclami, si tratta essenzialmente di una piattaforma chiusa a riccio, sia verso gli utenti nella gestione delle informazioni che nei confronti degli standard che regolano il Web;
  • per ultimo, ma non meno importante, Facebook è noioso. Più noioso di qualsiasi altra cosa in Rete. Lo spirito iniziale dell’iniziativa è andato progressivamente scemando. Alla prospettiva di ritrovare vecchi amici e compagni di scuola si è sostituita una moltitudine di applicazioni e giochi dalla dubbia natura e utilità. Andrebbero poi prese in considerazione anche le performance della piattaforma, molto spesso lenta e confusionaria.

Non possiamo non riconoscere un tono volutamente provocatorio nei dieci punti stilati da Yoder e qui riportati in modo sintetico. Un intervento dai toni accesi, condivisibile o meno, ma che in ogni caso può risultare utile per far spalancare gli occhi, sul tema della privacy, a quanti sono portati a cliccare in modo compulsivo sui pulsanti “Accetta” oppure “Autorizzo al trattamento dei dati”, ogni qualvolta si trovano di fronte a un nuovo servizio in Rete.

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