Lo scandalo del Dieselgate ha avuto conseguenze molto più ampie delle multe comminate a Volkswagen per aver truccato il software di alcuni modelli di auto diesel per passare i test di omologazione. Lo scandalo, infatti, ha messo sul piatto tutta la fragilità del sistema di verifica delle emissioni a cui devono sottostare tutti i nuovi modelli di auto. Test la cui veridicità è stata fortemente messa in discussione. E’ stato dimostrato infatti, che c’è una profonda differenza tra i risultati di laboratorio con quelli effettuati sulle prove su strada. In altri termini, le auto inquinano molto di più di quanto può apparire nei semplici test al chiuso. Proprio per questo, molto case automobilistiche hanno deciso di dare una svolta e di puntare sull’elettrico e su di una mobilità maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale.
Ma a quasi due anni dal Dieselgate arrivano ulteriori novità sul sistema adottato dalla Volkswagen. Come riporta La Repubblica, si scopre che tra chi aveva deciso di barare all’interno della casa automobilistica tedesca c’è un italiano. Si tratterebbe di Giovanni Pamio, 60 anni, manager del brand Audi. Le autorità americane lo identificano come uno degli artefici della cospirazione e di aver dato addirittura l’ordine di manomettere i test sulle emissioni della auto diesel. Si tratterebbe dell’ottavo ex dirigente della Volkswagen coinvolto direttamente nello scandalo sul quale sta indagando addirittura l’FBI.
Nello specifico, le accuse verso il dirigente italiano sarebbero molto pesanti e spazierebbero tra associazione a delinquere, frode e violazione della normativa. Non è chiaro se per lui siano scattate anche le manette. Per l’accusa, lui era la mente che avrebbe coordinato i lavori di progettazione di un software che avrebbe dovuto alterare i valori di emissione delle auto durante i test.
Il dirigente italiano, inoltre, avrebbe ignorato gli avvisi in cui alcuni ingegneri lo avvertivano che i sistemi di controllo delle emissioni dei motori diesel violavano la normativa ambientale americana. Infine, Pamio avrebbe consegnato alle autorità americane informazioni false riguardanti il fatto che le auto non contenevano software atti a modificare le emissioni.