Digital Audio Tape: quando il flop lo comandano le multinazionali

Digital Audio Tape: quando il flop lo comandano le multinazionali

Lanciato sul mercato nel 1987 dalla Sony, il Digital Audio Tape, conosciuto anche come DAT, fu un’innovazione nel mondo della registrazione audio.

Supporto a nastro magnetico, contenuto in una custodia in plastica simile a una comune audiocassetta, registrava in digitale, senza alcuna compressione del segnale in input.

La custodia in plastica di dimensioni ridotte (solo 7,3 cm x 5,4 cm x 1,05 cm) poteva contenere sino a 120 metri di nastro magnetico da 1/8″ (per 240 minuti di registrazione). La frequenza di campionamento andava dai 32 ai 48 kHz a 16 bit di quantificazione e, sommata con l’assenza di compressione, rendeva la riproduzione molto più fedele di qualsiasi altro supporto in circolazione.

Seppur il sistema fosse di alta qualità, commercialmente fu un vero flop. Il problema era dettato sia dal prezzo, non proprio abbordabile sia dei supporti sia dei riproduttori, ma soprattutto dai problemi creati alle major discografiche: infatti era molto semplice riprodurre audio di alta qualità, cosa che convinse le case discografiche a non puntare su questo supporto.

Il DAT però trovò nuovi sbocchi commerciali e applicativi nell’informatica, infatti vennero adottati (e lo sono tutt’ora) nell’informatica come supporti a basso costo per backup dei server.

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