“Allo stato attuale del diritto dell’Unione, i gestori di piattaforme online non effettuano essi stessi, in linea di principio, una comunicazione al pubblico dei contenuti protetti dal diritto d’autore che i loro utenti mettono illecitamente in rete”. Con questa sentenza la Corte di giustizia dell’Unione europea ha di fatto assolto il 22 giugno 2021 YouTube (e Cyando), nonché in prospettiva futura anche altre piattaforme social e di condivisione, dall’accusa di essere parte in causa nella diffusione di materiale illegale coperto da Copyright.
Questo non vuol dire che le aziende che forniscono servizi di condivisione non possano essere accusati di favoreggiamento. Solo che ciò può essere considerato tale solo nei casi in cui “i gestori effettuano una comunicazione siffatta in violazione del diritto d’autore contribuendo, al di là della semplice messa a disposizione delle piattaforme, a dare al pubblico accesso a tali contenuti”. Insomma, se Facebook, Instagram o qualsiasi altra piattaforma è consapevole e riconosce che un utente sta pubblicando materiale illegale, e non fa nulla nemmeno per rimuoverlo, allora può essere ritenuta colpevole. In caso contrario, non le può essere attribuita nessuna colpa.
La vicenda YouTube-Corte UE
Tutto ha origine da una controversia nata da una causa intentata da Frank Peterson, un produttore musicale, nei confronti di YouTube e della sua rappresentante legale Google, dinanzi ai giudici tedeschi in merito alla messa in rete sul noto canale social, nel 2008, di vari fonogrammi sui quali egli afferma di detenere diversi diritti. Tale messa in rete è stata effettuata da utenti di detta piattaforma senza la sua autorizzazione. Si tratta di brani dell’album A Winter Symphony dell’artista Sarah Brightman, nonché di registrazioni audio private realizzate durante concerti della sua tournée «Symphony Tour».
Contestualmente, sempre in Germania, un’altra controversia vede l’editore Elsevier citare in giudizio la Cyando davanti ai giudici tedeschi in merito alla messa in rete sulla sua piattaforma di hosting e di condivisione di file Uploaded, nel 2013, di diverse opere sulle quali la Elsevier detiene i diritti esclusivi. Tale messa in rete è stata effettuata da utenti di detta piattaforma senza la sua autorizzazione. Si tratta delle opere Gray’s Anatomy for Students, Atlas of Human Anatomy e Campbell-Walsh Urology, che potevano essere consultate su Uploaded mediante le raccolte di link rehabgate.com, avaxhome.ws e bookarchive.ws.
A quel punto, chiamata a esprimersi, il Bundesgerichtshof, ovverosia la Corte federale di giustizia tedesca, ha sottoposto alla Corte UE diverse questioni pregiudiziali affinché quest’ultima fornisca chiarimenti, tra l’altro, sulla responsabilità dei gestori di piattaforme online per quanto riguarda opere protette dal diritto d’autore che sono messe in rete, in modo illecito, su dette piattaforme dai loro utenti. Tale responsabilità è esaminata dalla Corte secondo il regime applicabile all’epoca dei fatti risultante dalla direttiva 2001/29 sul diritto d’autore 1, dalla direttiva 2000/31 sul commercio elettronico 2, nonché dalla direttiva 2004/48 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale 3.
L’analisi della Corte di Giustizia UE
La Corte di Giustizia dell’Unione europea mette in evidenza il ruolo imprescindibile del gestore della piattaforma e il carattere intenzionale del suo intervento. Il gestore, per esempio YouTube, realizza infatti un «atto di comunicazione» quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’opera protetta, in particolare quando, in mancanza di detto intervento, tali clienti non potrebbero, in linea di principio, fruire dell’opera che viene in quel contesto diffusa.
In tale contesto, la Corte dichiara che il gestore di una piattaforma di condivisione di video o di una piattaforma di hosting e di condivisione di file, sulla quale utenti possono mettere illecitamente a disposizione del pubblico contenuti protetti, non effettua una «comunicazione al pubblico» di detti contenuti, ai sensi della direttiva 2001/29, salvo che esso contribuisca, al di là della semplice messa a disposizione della piattaforma, a dare al pubblico accesso a siffatti contenuti in violazione del diritto d’autore.
La Corte UE dichiara inoltre che tale direttiva non osta a che, in forza del diritto nazionale, il titolare di un diritto d’autore o di diritti connessi possa ottenere un provvedimento inibitorio nei confronti del gestore, il cui servizio sia stato utilizzato da terzi per violare il suo diritto senza che tale gestore ne sia stato al corrente, ai sensi della direttiva 2000/31 8, soltanto a condizione che, prima dell’avvio del procedimento giudiziario, tale violazione sia stata previamente notificata a detto gestore e quest’ultimo non sia intervenuto immediatamente per rimuovere il contenuto.