Una nuova legge intende garantire il diritto all’oblio. Ne abbiamo parlato generosamente su Webnews, dunque rinvio all’articolo per ogni dettaglio sulla cosa. Ora una serie di libere riflessioni va posta:
Primo. Il diritto all’oblio online ha senso di esistere? Secondo il Garante per la Privacy sì, lo ha affermato già nel 2006. Ma occorre fare quantomeno un distinguo. Il fatto che le vicende vengano dimenticate nel tempo, infatti, fa parte non tanto di una abitudine o di una netiquette, ma semplicemente di un limite umano. Questo limite non era superato dai vecchi media, nei quali gli spazi erano limitati e dove ogni nuovo accadimento andava a sostituirne uno precedente. Il diritto all’oblio, insomma, è mai esistito: era una abitudine, una necessità, semplicemente un dato di fatto. Con la rete però è tutto sovvertito: gli spazi sono infiniti e la memoria è virtualmente eterna poiché ci pensano i motori di ricerca ad organizzare le informazioni. Se però i vecchi media lavoravano per sottrazione, togliendo spazio al vecchio per donarlo al nuovo, Internet lavora invece per addizione aggiungendo nuove informazioni a quelle precedenti. Spesso per moltiplicazione, anzi, combinando il vecchio con il nuovo. Sarebbe dunque contro la natura stessa del web pensare ad un modello di revisione delle pagine: ne minerebbe alla base il sistema dei link, delle indicizzazioni, del modello di crescita.
Secondo. Come è possibile pensare che il diritto all’oblio possa essere fatto rispettare secondo le modalità previste dalla proposta di legge? Perché un singolo utente dovrebbe avere l’obbligo di modificare vecchie informazioni, peraltro senza averne più il controllo a distanza di anni da quando sono state immesse? E come potrebbero operare gestori di forum e social network?
Terzo. Così formata, la legge sembra voler normare più il dovere all’oblio che non il diritto allo stesso. Non saranno le sanzioni ad offrire garanzie a chi merita eventualmente il privilegio della dimenticanza. Non saranno delle costrizioni a sovvertire una SERP nel caso in cui una persona abbia commesso un reato e siano in molti a parlarne online. Non sarà una legge punitiva a definire un diritto, se mai prima d’ora il diritto stesso è stato realmente avvertito.
Quarto. In tutto e per tutto tanto il diritto all’oblio quanto la legge che intende garantirlo sembrano formati su vecchi paradigmi. Sembra nascere dal concetto di un mondo ove l’informazione viaggia ancora dall’alto verso il basso, su media limitati e nel quale un divieto è in grado di garantire un diritto. Ogni singolo tassello è sovvertito. Se dunque il diritto all’oblio vorrà aver senso d’esistere, probabilmente la cosa andrà formulata su altre basi.
Quinto. Il tema è complesso. Parlarne è necessario.