Anche una pagina di Wikipedia sta per scomparire dall’indice di Google a causa delle nuove regole relative al diritto all’oblio. La notizia è trapelata dalla voce del fondatore dell’enciclopedia, Jimmy Wales, e il concetto è stato posto in risalto da The Observer: per la prima volta una pagina di Wikipedia sta per essere eliminata dai motori di ricerca in virtù dell’obbligo per i motori stessi di cancellare pagine in risposta a specifica richiesta da parte di utenti privati che considerano dannosa e non più rilevante l’informazione veicolata dalla pagina stessa.
Le polemiche sul diritto all’oblio vanno di pari passo con l’incedere delle eliminazioni che Google (e in futuro Bing) sta portando avanti: decine di migliaia di pagine sono ormai scomparse dal motore di ricerca in virtù di una decisione della Corte Europea di Giustizia, secondo cui il diritto all’oblio merita tale reazione per consentire alle persone di far dimenticare il proprio passato (pur senza eliminarlo di fatto). Le pagine non vengono dunque cancellate, ma soltanto nascoste alla vista di quanti, cercando sul Web, possano incappare in misfatti del passato.
Jimmy Wales parteciperà nel mese di settembre al primo incontro organizzato da Google per discutere sul tema e fin da oggi esprime chiaramente la propria idea: il diritto all’oblio, così come è stato concepito e concretizzato con la decisione della Corte, è qualcosa di folle e necessita di una immediata revisione. Della stessa opinione utenti e giuristi, poiché tanto in termini concreti, quanto in termini di principio, l’inapplicabilità e l’inconsistenza del procedimento meritano tutta l’opposizione raccolta sulla strada.
Il caso Wikipedia
Ad oggi non è ancora chiaro quale sia la pagina di Wikipedia rimossa da Google: trattasi di una informazione che Google e Wikipedia non hanno pubblicamente condiviso e che verrà presumibilmente a galla soltanto nel tempo, ma fin da ora è comunque chiaro quel che tale elemento andrà a scatenare. Nei fatti, è evidente, “dimenticare” la pagina di una enciclopedia online va ben oltre l’oblio di una pagina qualsiasi: “dimenticare” la conoscenza è infatti qualcosa di molto simile alla sua cancellazione, forzando la realtà per celarne una parte.
Wikipedia è una enciclopedia modificabile, ma la modifica non può avere effetto se si tenta di sostituire una falsità ad una verità: presto o tardi la community nota il problema e torna a correggerlo, ripristinando la versione originale ed impedendo l’esercizio diretto del diritto all’oblio. Chi tenta di cancellare una pagina di Wikipedia, insomma, compie un atto doppiamente violento nei confronti della verità, pur se nel mero interesse del diritto all’oblio. E la cosa non può passare inosservata.
Finora, peraltro, l’UE ha imposto i doveri relativi al diritto all’oblio soltanto ai motori di ricerca, ma proprio Wikipedia è un elemento che per estensione potrebbe rimanerne coinvolto: l’utenza, infatti, è sull’enciclopedia anzitutto per cercare e, che passi da Google o Bing, oppure dal modulo di ricerca sull’enciclopedia, compie di fatto sempre il medesimo percorso. La debolezza del principio sul quale è stato costruito l’attuale diritto all’oblio è il pericolo potenziale maggiore, poiché la sua applicabilità appare del tutto arbitraria e sconclusionata: perché non ipotizzarne dunque una interpretazione più estesa, che coinvolga direttamente anche l’enciclopedia? Perché ignorare una possibilità similare, benché sia del tutto ovvio il pericolo insito in un passaggio di questo tipo?
La rimozione di una pagina da Wikipedia è probabilmente il passaggio che più di ogni altro mette in luce le problematiche legate alla sentenza della Corte, e sarà il punto su cui il dibattito prenderà il via quando il comitato di esperti messo in piedi da Google inizierà a discutere il problema. Ma è anzitutto il principale punto di riflessione per chiunque: il diritto all’oblio è una ricchezza per la società o soltanto per il privato? Perché se un diritto privato non è al tempo stesso anche un diritto sociale, allora rischia di crearsi una frattura che mette in discussione la trasmissione del sapere, la diffusione della conoscenza e il concetto di memoria.
Mettendo peraltro tutto ciò nelle mani di aziende private le quali, addirittura controvoglia, si fanno arbitro del diritto all’oblio delle persone e del diritto alla conoscenza della società.