L’FBI ha ufficializzato da alcune ore lo spegnimento dei server che per alcuni mesi hanno sostenuto il traffico degli utenti infetti da DNSChanger. Lo spegnimento dei server ha costituito per tutte le vittime residue, le quali nel frattempo non hanno fatto nulla per liberarsi dei DNS imposti dal malware al sistema, l’inizio di un black-out: con la dismissione del server, infatti, la funzione DNS è stata interrotta ed il browser risulta incapace di risolvere le url digitate per trasformarle nei relativi indirizzi IP. Ne consegue l’impossibilità di navigare, risultando di fatto tagliati fuori dal Web.
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Gli ultimi dati diramati dal DNSChanger Working Group indicano in circa 250 mila le vittime residue del malware: 250 mila navigatori in tutto il mondo, insomma, in questo momento non possono accedere al Web e si stanno presumibilmente chiedendo quale possa essere la causa per quanto accaduto. Le vittime sono pertanto diminuite di circa il 50% nel giro di 8 mesi grazie all’informazione sul problema ed all’azione di antivirus pronti ad identificare e risolvere il problema. Il trend è stato fotografato dal DCWG con il seguente traffico basato sul monitoraggio degli IP collegati ai server sostitutivi appena dismessi dall’FBI:
Gli IP italiani ancora legati ai server dell’FBI nel giorno dello spegnimento (9 luglio) erano 17074, anche in questo caso sostanzialmente diminuiti rispetto ai 26 mila circa segnalati a fine 2011. L’Italia si conferma al secondo posto in quanto a numero di infezioni dietro agli Stati Uniti, ma il rapporto navigatori/infezioni è sbilanciato nei confronti del nostro paese, ove la penetrazione di DNSChanger si conferma pertanto ancora la più alta al mondo.
Come ampiamente previsto, lo spegnimento dei server dell’FBI non ha causato alcun problema ed i media presi dal sensazionalismo sono stati bersagliati nelle ultime ore dalle critiche di chi ha capito la natura del problema e si è attivato per limitarlo. Per 17 mila italiani è ora il momento del mea culpa, con un probabile ricorso all’assistenza tecnica degli amici più smaliziati per capire l’origine di un problema che si risolve in breve, ma che per mesi è stato ignorato da coloro i quali ora dovranno pagare scotto della loro inerzia subendo uno sgradito black-out.
I DNS fin qui gestiti dall’FBI ed ora dismessi saranno tenuti sotto controllo affinché nessuno possa prenderne possesso perpetrando nuove azioni truffaldine sugli utenti ancora vittime di DNSChanger. Il black-out sarà comunque a questo punto l’estremo pungolo per la verifica del problema ed il numero dei DNS inquinati è destinato a ridursi radicalmente riportando online tutti gli utenti a cui interessa realmente utilizzare il proprio sistema per navigare sul Web.