Nuova contrapposizione tra Donald Trump e Apple, come ormai consuetudine giocata sui lidi di Twitter. Il Presidente degli Stati Uniti ha deciso di attaccare la società di Cupertino per il mancato sblocco di un iPhone, appartenuto a un criminale. E, per farlo, ha vagamente rinfacciato alcune aiuti ottenuti dalla compagnia.
La vicenda è tutto fuorché nuova, poiché non è la prima volta che Apple si trova a dover affrontare delle situazioni analoghe. Negli ultimi giorni l’FBI ha richiesto all’azienda di sbloccare l’iPhone utilizzato da Mohammed Saeed Alshamrani, responsabile della recente sparatoria alla Naval Air Station di Pensacola, ma il gruppo di Cupertino ha rifiutato il proprio aiuto. A partire da iOS 8, infatti, la società ha sottoposto i propri sistemi operativi mobile a una rigida crittografia, tanto che la stessa Apple non può accedere ai contenuti salvati sui device dagli utenti.
Negli ultimi anni la società di Cupertino è stata più volte in causa dall’FBI e da altre agenzie governative, in merito all’inserimento di una “backdoor di legge” per permettere alle autorità di accedere ai dispositivi dei criminali, ma Tim Cook si è opposto. Il CEO di Apple, infatti, ha spiegato come l’inserimento di una backdoor – per quanto utile a fini di indagine – rappresenterebbe una porta aperta a migliaia di malintenzionati, il tutto a danno della privacy degli utenti.
Trump è intervenuto su Twitter, ricordando alla compagnia californiana di aver ricevuto dei non meglio specificati aiuti nel corso degli ultimi tempi, chiedendo quindi lo sblocco immediato del device:
Aiutiamo sempre Apple sul commercio e per molte altre questioni, ma ancora si rifiutano di sbloccare gli smartphone usati da assassini, spacciatori e altri violenti criminali. Devono prendersi la responsabilità e aiutare il nostro grande Paese!
Difficilmente l’exploit di Trump troverà accoglimento dalle parti di Apple Park. La società ha già fornito all’FBI il materiale a cui ha potuto accedere, come eventuali backup su iCloud, ma non può assistere l’agenzia governativa sullo sblocco del device o sul recupero dei dati salvati nel dispositivo. In un comunicato, Apple ha sottolineato di aver lavorato a fianco dell’FBI sin dallo scorso dicembre, fornendo in tempo record le informazioni di cui l’agenzia aveva bisogno, scoprendo però solo lo scorso 6 gennaio dell’esistenza di un secondo smartphone nelle disponibilità dell’attentatore. Ancora, il gruppo ha ribadito la propria posizione sulle backdoor:
Abbiamo sempre sottolineato come non esista una backdoor solo per i buoni. Le backdoor possono essere sfruttate da coloro che minacciano la nostra sicurezza nazionale e la sicurezza dei dati dei nostri clienti. Oggi le autorità hanno accesso a più dati che mai, quindi gli americani non devono scegliere tra indebolire la crittografia e risolvere le indagini. Riteniamo fortemente che la crittografia sia di vitale importanza per proteggere il nostro Paese e i dati dei nostri utenti.