Apple potrebbe essere in futuro costretta a produrre i suoi computer e gli altrettanti device all’interno del territorio degli Stati Uniti. Nulla naturalmente di formalizzato a livello normativo, almeno al momento, bensì una promessa: quella proferita da Donald Trump, candidato repubblicano alla Presidenza USA, durante la sua campagna elettorale. Le possibilità che questo progetto vada in porto non sono elevate, poiché difficilmente una produzione autoctona a stelle e strisce riuscirà a compensare il know how asiatico, ma una dichiarazione sufficiente per alimentare le più svariate polemiche.
L’occasione per queste dichiarazioni è stato un intervento presso la Liberty University, in Virginia, dove Donald Trump ha espresso la convinzione Apple, e le altre società tecnologiche statunitensi, debba produrre il 100% dei suoi device all’interno dei confini della madrepatria. Così ha annunciato:
Faremo in modo che Apple produca i suoi dannati computer in questa nazione anziché in altre.
Nel frattempo, il candidato ha ribadito l’idea di una tassazione al 35% per tutte le aziende statunitensi che producono all’estero, per disincentivarle in questa pratica. Apple già da qualche anno ha incominciato un percorso di ritorno negli States, in particolare con l’apertura di alcuni impianti ad Austin, in Texas. In queste fabbrica la società assembla il suo Mac Pro, nell’ultima evoluzione dalle forme cilindriche, mentre il resto della linea dei dispositivi targati mela morsicata viene realizzata in Cina.
Le dichiarazioni, comunque da leggere sempre nel contesto di una campagna elettorale, hanno sollevato varie polemiche negli Stati Uniti, così come evidente anche dalle accese discussioni apparse sui social network. Sebbene la scelta di produrre all’estero delle aziende tecnologiche non soddisfi fette ingenti della popolazione, vi è abbastanza consenso nel ritenere come negli Stati Uniti manchi il know how, così come i vantaggi competitivi, per avviare su larga scala una produzione di device quali gli iPhone. Inoltre, così facendo, il rischio è che il prezzo finale per i consumatori lieviti considerevolmente, per i costi naturalmente più elevati dalla fase di design a quella di assemblaggio. Cosa accadrà non lo si saprà prima di novembre, quando la sfida presidenziale entrerà davvero nel vivo.