Nella musica è venuto il momento di sbottare da parte di chi, della sontuosa nuova mole di diritti d’autore che pioverà sul settore dalla musica digitale, prenderà solo le briciole. Le etichette indipendenti, infatti, sbottano ora contro la RIAA denunciando un sistema di provvigioni che premia l’etichetta piuttosto che il cantante, schiavizzando il pianeta musica a mera operazione commerciale e promozionale.
Per suscitare clamore sulla vicenda le etichette indipendenti hanno sfruttato quello che doveva essere il tempio della nuova campagna promozionale Pepsi/iTunes: il Super Bowl 2004. La proposta è semplice: chiunque vincerà un download grazie alla promozione Pepsi (sotto i tappi delle bottigliette sarà possibile trovare 100 milioni di codici per il download gratuito di una canzone) è invitato a non indirizzare la propria scelta su cantanti scritturati dalle major della RIAA, ma piuttosto verso gli astri nascenti delle case discografiche indipendenti.
Secondo i dati apportati per motivare l’iniziativa, denominata Tune Recycler dal movimento Downhill Battle, le major devolvono all’artista una percentuale degli introiti pari a circa il 10% del totale. Con le etichette indipendenti, invece, la percentuale sale al 50% e diminuisce per contro l’investimento promozionale. Scegliendo un’etichetta indipendente piuttosto che una major, sottolineano gli ideatori dell’iniziativa, si farà del bene alla musica piuttosto che ad una lobby che vende prodotti industriali piuttosto che prodotti artistici. I responsabili della Downhill Battle sottolineano come nelle intenzioni poco o nulla sia rivolto contro iTunes: l’obiettivo della battaglia è uno e uno solo. La RIAA.
Se l’intenzione era quella di attirare l’attenzione del popolo americano vicino al superbowl, però, è probabile che l’obiettivo non sia stato raggiunto: la performance di Janet Jackson con topless incluso ha presumibilmente fatto un indiretto favore proprio a quella RIAA che ne ha determinato le fortune. Acrobazie del destino.