Guillermo DeVenecia, 82 anni, la scorsa settimana si è perso nei dintorni di Fitchburg (Massachusetts). Le squadre dei soccorsi hanno impiegato tre giorni nel tentativo di ritrovarlo, con l’impiego di elicotteri, cani addestrati per la ricerca di esseri umani e centinaia di volontari, ma senza alcun risultato. A salvare l’anziano è stato David Lesh, in soli venti minuti. Come? Con l’ausilio di un drone.
Lesh, proprietario di un’azienda specializzata nella commercializzazione di abbigliamento sportivo, si trovava nella zona per concedersi un periodo di vacanza, quando ha deciso di dare il proprio contributo alle fasi di ricerca. Poco dopo aver alzato il drone sull’area di 200 acri dove si riteneva potesse trovarsi l’uomo, lo ha notato grazie alle immagini inviate in tempo reale dalla fotocamera equipaggiata dal dispositivo. È così stato possibile raggiungerlo e riportarlo dalla famiglia, che in un’intervista rilasciata alla stampa locale ammette di aver temuto il peggio.
Secondo Arthur Holland Michel, fondatore del Center for the Study of the Drone presso il Bard College, la vicenda testimonia l’utilità dei quadcopter e degli altri device di questo tipo nelle situazioni di emergenza. Difficile dargli torto, soprattutto tenendo in considerazione quanto avvenuto a DeVenecia, ma la Federal Aviation Administration non sembra essere d’accordo e ancora ne vieta l’impiego ad aziende e organizzazioni per queste finalità.
Nei mesi scorsi l’agenzia governativa ha imposto ad EquuSearch, una società texana specializzata proprio in operazioni di ricerca e recupero delle persone in difficoltà, di fermare l’impiego dei droni. Prima di allora l’azienda era stata in grado di individuare i corpi senza vita di ben 11 dispersi. Un ostacolo di tipo legislativo impedisce dunque di sfruttare in modo utile per la collettività una tecnologia relativamente nuova: anche in questo caso urge un aggiornamento della normativa, come chiesto a gran voce da più parti.