Nel corso dell’ultimo weekend alcune importanti novità hanno coinvolto Dropbox, non tanto sul piano delle funzionalità quanto piuttosto dell’accesso al servizio: i vertici del gruppo hanno infatti ritenuto opportuna una sensibile modifica ai termini d’uso, rendendo le policy di più semplice comprensione e soprattutto più chiare nei confronti degli utenti.
La nuova pagina contenente tali informazioni risulta esser scritta in un linguaggio meno tecnico, abbandonando il “legalese” per lasciar posto ad un gergo in grado di essere compreso anche dai non esperti in materia di legge. Tale aggiornamento è stato inoltre accompagnato dall’introduzione di nuovi paragrafi contenenti importanti dettagli riguardanti i diritti che il gruppo detiene sui file caricati sui propri server e quelli che invece spettano ai possessori degli stessi, così come le politiche adottate dalla società per offrire ai propri utenti un servizio completo e funzionale.
Nelle nuove policy vengono dunque illustrati concetti quali l’utilizzo di chiavi di criptazione server-side, così da permettere a tutti di mettere al sicuro i propri dati senza dover gestire tali chiavi in locale (possibilità comunque offerta qualora si vogliano adottare strumenti quali TrueCrypt), i tempi necessari alla rimozione dei file dai server in seguito alla cancellazione degli account, le informazioni sugli utenti archiviate dal gruppo al fine di ottenere basi di dati sufficientemente ampie da poter essere studiate per ottimizzare il servizio (nazionalità, sistema operativo, computer utilizzato e così via) e le pratiche adottate per la de-duplicazione dei file, utilizzate principalmente per evitare la presenza di più copie dello stesso file sui server.
L’arrivo delle nuove condizioni d’uso sono state tuttavia accompagnate da una serie di perplessità da parte di numerosi utenti: il dubbio principale riguarda la proprietà dei file caricati su Dropbox, i quali potrebbero finire nelle mani della società senza che all’utente venga comunicata alcuna informazione. Un problema, questo, piuttosto ricorrente nel mondo del cloud computing, ove l’upload di documenti sui server dei provider in alcuni casi può riservare spiacevoli sorprese.
Tali perplessità hanno trovato un’immediata risposta ufficiale da parte di Dropbox: il servizio cloud si riserva infatti il diritto di ridistribuire i documenti caricati dagli utenti in maniera gratuita e priva di licenza, modificandone anche il contenuto per realizzarne versioni personalizzate oppure traduzioni in altre lingue. La proprietà dei file originali resta tuttavia dell’utente che ne ha effettuato il caricamento, il quale acconsentendo alla creazione di link pubblici per la condivisione dei file fornisce a Dropbox il diritto di operare in suddetta maniera.