Nella giornata di ieri Alessandro Longo ha snocciolato su Repubblica.it i numeri relativi al flop del Dvb-h, la tv sui telefonini che ha riempito le pubblicità degli anni scorsi presentandosi come la grande rivoluzione del mobile. Telefoni a schermo roteante, promesse in salsa calcistica, spot a profusione e tutto ciò spento in poco tempo a causa della pressoché totale indifferenza degli italiani al cospetto di questa “innovativa” idea. Il fallimento sta prendendo forma ora con i primi annunci di abbandono: TIM rinuncia, Vodafone verrà a ruota.
Di innovativo, del resto, c’era poco. La televisione classica, nei formati classici, sommata a device telefonici pressoché simili a quelli medi sul mercato. La somma in questo caso non produce però una addizione e l’effetto è piuttosto quello di device ad alto costo con offerte di scarso o nullo interesse. Lo sbaglio strategico si fa evidente: l’Italia della tv e dei telefonini non è quella semplicisticamente ipotizzata come l’Italia della tv sui telefonini. Tutt’altro. L’utenza ha pulsioni differenti che vorrebbe soddisfare, ma che i carrier sembrano ignorare in favore di soluzioni più comode.
Più comode, ma oltremodo onerose: «Il contratto Tim e Vodafone con Mediaset prevedeva 14 milioni di euro ogni anno solo per l’uso delle frequenze e della rete, a cui vanno sommati i costi per i contenuti. È noto per esempio che nell’accordo con Tim i contenuti Mediaset costavano 140 milioni di euro. Per 3 Italia la spesa è stata di 220 milioni per l’acquisto di Canale 7».
Si sommino le spese legate all’uso delle frequenze, le spese per l’acquisto dei contenuti e le spese per la promozione dei servizi: il risultato è la quantificazione esatta di una enorme occasione mancata. A tutto ciò va aggiunta inoltre l’aggravante legata al tempo perso per un settore che oggi si trova ad investire in ritardo sulla Rete e con budget ridotti. Il polo Telecom ed il polo Vodafone, ad esempio, oggi stanno discutendo per portare la NGN in Italia, ma senza l’aiuto reciproco e la benedizione del Governo non si muoverà alcun passo avanti. Guardarsi indietro è a questo punto ancor più doloroso perchè gli errori stanno emergendo con chiarezza e si estendono dalle politiche per il fisso alle strategie di mercato per il mobile.
Ed il futuro? «La velocità di connessione è penalizzata dalla scarsità delle risorse. I principali operatori mobili mondiali, per razionare le (poche) risorse disponibili, stanno andando verso tariffe differenziate: solo chi paga di più potrà usare, via internet mobile, alcuni servizi critici (come VoIP e YouTube)». Questo, però, se le istituzioni lo consentiranno. Neelie Kroes, ad esempio, è stata a tal proposito chiara: «Mi rivolgo alle persone che sono attualmente tagliate fuori da Skype: lasciate il vostro operatore mobile». Ed anche l’UE farà la sua parte in merito, nel nome della Net Neutrality.