Per capire l’importanza del ruolo ricoperto da Google nel panorama Internet è utile dare uno sguardo alle nuove statistiche diffuse dagli analisti di DeepField: ne risulta che il 25% del traffico Web generato nel Nord America è da attribuire al motore di ricerca o ai servizi ad esso collegati, ad esempio YouTube. Un dato che rende più comprensibile il motivo per cui il gruppo di Mountain View investe continuamente nella costruzione di nuovi data center.
La percentuale è cresciuta in modo significativo nell’ultimo periodo, dal 6% circa registrato nel 2010. Oggi bigG è la società che più pesa sull’attività dei provider, con una quota di dati trasmessi che supera quelle di Facebook, Netflix e Instagram messe insieme. L’istituto di ricerca afferma inoltre che oltre il 62% di smartphone, laptop, dispositivi per lo streaming dei video e altri prodotti connessi a Internet in Nord America, almeno una volta al giorno effettua una connessione ai server di Google.
Come già accennato, è YouTube la piattaforma più esigente in termini di traffico. La visualizzazione dei filmati richiede infatti la trasmissione di una quantità di dati di gran lunga maggiore rispetto a quanto avviene con le tradizionali pagine Web o per le immagini. L’azienda lo sa bene e sta lavorando non solo per potenziare le proprie infrastrutture, ma anche con l’obiettivo di mettere a punto codec e formati più efficienti, in grado di ridurre sensibilmente le dimensioni dei file senza scendere troppo a compromessi in termini di qualità: è il caso di WebP e VP8.
Oltre alla continua costruzione di nuovi data center, il colosso californiano ha adottato ormai da diverso tempo anche un approccio differente al problema: Google Global Cache. Si tratta di una serie di server in cui si trovano i contenuti più richiesti dagli utenti online, ad esempio un video virale di successo, un’app Android molto scaricata o le pagine dei siti più visitati, che gli ISP possono fornire direttamente ai navigatori senza la necessità di passare dai server principali del gruppo. Questo aumenta sensibilmente la velocità di trasferimento e riduce i tempi di attesa per l’invio dei pacchetti. Tre anni fa pochi provider nordamericani erano abilitati a farlo, oggi DeepField parla dell’80% circa.