Da tempo mi chiedo: ma perché le vendono ancora le cartoline? Un tempo era un appuntamento irrinunciabile, qualcosa per cui mezza famiglia si sarebbe offesa se non ci si pensava con puntualità e fantasia: nei primi giorni di vacanza bisognava mandare una cartolina. Quelle più sconce, per gli amici. Quelle tipo “Rimini di notte”, per il cugino simpatico. Quelle con veduta, per genitori e nonni. Quella significativa, da appendere in ufficio. Testo breve o testo lungo all’occorrenza, francobollo sulla lingua e cartolina imbucata sperando che arrivi prima del nostro ritorno.
Il rito è dimenticato da tempo, ormai. Eppure le cartoline le vendono ancora e fanno ancora bella mostra davanti ai tabacchini o in qualche cartoleria. Ma chi le compra ancora? L’SMS ha ferito a morte il mercato, internet ha fatto il resto: la cartolina non serve più.
Eppure c’è, resiste. Qualche nicchia l’apprezza ancora. Persone di una certa età, forse. Persone cocciutamente lontane dalla tecnologia, probabilmente. Persone nostalgiche, magari. Ed è così che la cartolina resiste, con i suoi cliché e la sua storia. L’ennesima storia che le prossime generazioni probabilmente non riusciranno a capire appieno.