Nelle vecchie storie del Far West vinceva sempre colui il quale sapeva meglio di altri usare la pistola. Ogni diatriba era regolata da un duello in strada: tutti a guardare, i due a fare venti passi (non ho mai capito le regole di un duello tanto bislacco, comunque era universalmente accettato come buono), poi lo sparo. La pistola era lo strumento con cui si applicava la regola del più forte e chi meglio sapeva usare lo strumento poteva continuare la sua esistenza terrena.
Lo strumento è un prolungamento di noi stessi. Lo strumento, spesso additato come colpevole quando non si riesce logicamente a dare responsabilità soggettive, è ciò che prolunga le nostre terminazioni nervose, potenzia i nostri arti e moltiplica le nostre capacità. Lo strumento, giorno dopo giorno, è sempre più un elemento importante (perchè sempre più potenti), ed a mano a mano che aumenta questo moltiplicatore diventa sempre più fondamentale una ulteriore capacità: quella dell’uso dello strumento stesso. Perchè avere un coltello ed impugnarlo dalla parte sbagliata significa soccombere nella sfida. Inevitabilmente.
Ma se l’esempio del coltello sembra quasi un paradosso (solo perchè tutti ben sappiamo come si usa un coltello!), applicare questo sillogismo alla comunicazione ha valenza ben diversa. Iniziamo con questo video, notato su CattivaMaestra:
Fa ridere, certo. Ma se guardo indietro, vedo con molta chiarezza quanto doveva essere ridicolo il sottoscritto quel giorno in cui, per la prima volta, mi trovai davanti a Netscape e non sapevo cosa farmene. Digitavo così parole sconnesse nella barra degli indirizzi e iniziavo a convincermi dell’inutilità del mezzo a mano a mano che gli errori si susseguivano sullo schermo senza che mai alcun sito si aprisse.
Ridicolo è colui il quale non sa usare lo strumento, tutto qui. Per impossibilità, ignoranza, cultura: qualunque sia il motivo. Oggi come un tempo, nella realtà come nella finzione, la sfida quotidiana per la strada è però fondamentale, e solo chi sa sparare sopravvive. Usare bene lo strumento è uno dei requisiti del sapersi imporre.
C’è uno strumento, oggi, che più di ogni altro diventa determinante. Ci stiamo scrivendo su in questo momento. Quanto diventa importante saper scrivere bene un testo sul web? Quanto è importante capire come si deve operare per posizionare bene un proprio sito web sui motori di ricerca? Quanto è strategico capire quando e se aprire un blog per la propria azienda? Se ieri queste scelte erano di infima importanza, con risultati proporzionali alla pochezza dei numeri del web, oggi questi risultati sono ormai rilevanti e domani saranno predominanti. Sapere usare il web significherà sparare prima o sparare dopo, cadere nella polvere o continuare il proprio percorso e sedersi al saloon ordinando un grog.
Non c’è una tesi da portare avanti. Non deve sempre esserci per forza una tesi da portare avanti. A volte, così come in questo caso, si cerca solo uno spunto di riflessione: cosa stiamo facendo oggi per dotare la prossima generazione degli strumenti necessari per saper dominare un mezzo tanto potente? La scuola, la pubblicità, la società: chi sta davvero proponendo ai giovani un modello corretto e chi sta offrendo loro gli elementi di base per sapersi affacciare alla rete con cognizione di causa? La generazione delle “veline” che cercano i “calciatori” è davvero attrezzata? Quella generazione che vede nel web un canale tramite il quale avere in casa le partite e la tv on-demand è davvero pronta alla rivoluzione digitale? La generazione “ke” dai telefonini si proietta sulla rete è davvero preparata?
Forse nessuno ha questo dovere educativo specifico. La scuola, però, propone ogni giorno sapere e cultura ai ragazzi, ma nel contempo si trova guidata da chiome brizzolate e maestrine imbellettate con poche eccezioni utili solo a confermare la regola. E la colpa non è nemmeno loro, sia chiaro. Ma son proprio loro lo strumento che dovrebbe trasmettere il sapere, e se non hanno feeling con lo strumento elettronico c’è poco da sperare. La tv, poi, “cattiva maestra” di una classe da milioni di giovani, non fa altro che proporre immancabilmente il web come covo di pedofili e gang bang di telecamere pronte a riprendere le più fetide perversioni della follia umana. Lo strumento (per motivi vari) è denigrato, allontanato. Perchè chi non conosce teme, si sa.
Le nuove generazioni, forse, devono semplicemente imparare da sé. Come qualche decennio fa abbiamo imparato tutti assieme quale fosse il linguaggio della televisione (e tutti capirono precocemente che “complimenti per la trasmissione” avrebbe favorito l’aiuto del notaio), oggi tocca ai giovani armarsi di curiosità e cercare, indagare, capire, provare. E riprovare. E poi ancora.
Instilliamo curiosità, non serve altro: è come innaffiare un seme. La fiducia ai giovani (condizione fondamentale) farà il resto. Oppure tra qualche anno tutti assieme faremo la figura di quel pover’uomo che ha impugnato il microfono come fosse una cornetta. Chi impugna male il microfono può parlare fin che vuole. Ma nessuno lo ascolterà. Anzi, rideranno di lui. Rideranno di noi.