Un uomo viene trovato in possesso di materiale contraffatto in grossa quantità ed un uomo con il medesimo nome viene identificato come venditore dei medesimi prodotti contraffatti su eBay: sebbene la logica possa suggerire identità tra le due persone, in realtà non vi sarebbe alcun nesso diretto ed inequivocabile a comprovare tale nesso. La legge, quindi, non può esprimersi e le due persone, in assenza di prove, vanno considerate entità distinte.
Sono queste le linee guida di un caso citato dallo Studio Legale Sarzana di Roma, secondo cui «Il Tribunale ha assolto l’uomo, che rischiava sino a tre anni di reclusione, dal reato di riproduzione illecita di programmi per elaboratore previsto dall’art 171 bis della legge sul diritto d’autore». La linea seguita è quella per cui non è l’imputato a dover dimostrare la propria innocenza, ma è la giurisprudenza a dover dimostrare la sua colpevolezza. Ed in questo meccanismo servono elementi decisivi, poiché semplici indizi non dimostrano l’identità tra una persona reale ed un account online:
ferma restando la contrarietà alla legge della condotta di chi viola il diritto d’autore, non è consentito a nessuno di desumere sic et simpliciter da una detenzione personale uno scopo ulteriore di lucro o di profitto. Il Tribunale di Roma ha anche stabilito di fatto il principio dell’anonimato protetto su internet: ognuno può agire sulla rete utilizzando anche uno pseudonimo e per poter essere condannati occorre che vi sia una rigorosa prova dell’identità tra chi vende su eBay e chi si assume essere il destinatario del profitto.
Inoltre eBay non è e non può essere un notaio o un pubblico ufficiale che attesti l’identità di chi opera su internet.