Nei giorni scorsi il tam tam mediatico ha portato agli onori della cronaca un progetto tutto italiano, un nuovo codec video che promette (sia a livello di compressione che di qualità dell’immagine) prestazioni tre o quattro volte superiori a MPEG 4 e H.264. Il codec è stato sviluppato dalla società Eco Controllo, con sede a Napoli, ed è costato in totale 5 milioni di euro, il 60% dei quali è stato finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico.
La novità principale del codec è l’algoritmo interno, che abbandona le strade battute dalle attuali soluzioni. Niente trasformate discrete del coseno (DCT, il metodo usato da tutti gli MPEG e da H.264) e nemmeno wavelets (usate da JPEG2000): il punto di forza è l’algoritmo che regola il passaggio di informazioni da un frame all’altro. Un algoritmo su cui Claudio Cappelli, la mente ideatrice, non ha voluto sbottonarsi più di tanto: «Per una società piccola come la nostra la migliore protezione è la segretezza». Per ora quindi non sono previste demo pubbliche, «magari in futuro», ed è da considerarsi remota anche la possibilità di vedere il codec Cappelli approdare sui nostri computer o sui nostri telefonini.
È invece l’utenza business-to-business l’attuale target di Eco Controllo, fornendo assistenza e soprattutto le licenze per l’implementazione del codec direttamente su hardware. La società campana vede tra le applicazioni più immediate del suo prodotto le trasmissioni a larga banda legate, per esempio, alla TV digitale. La possibilità di ottenere compressioni elevate, ci spiega ancora Cappelli, permette alle aziende di ovviare alla presenza di infrastrutture limitate. È il caso delle realtà che si affacciano sul mercato, come ad esempio nell’Est Europa, in cui Eco Controllo conta di avviare le prime relazioni commerciali, grazie alla sua sede di Bucarest.
Non mancano, però, le proposte dai grandi nomi anche se Cappelli non nasconde di volersi muovere con estrema prudenza: «Stiamo valutando la possibilità di un partner forte, purché ci permetta di mantenere una certa autonomia. […] Con una realtà piccola come la nostra è più facile fregarci che comprarci». Perché allora non brevettare? «Siamo molto scettici sull’opportunità di brevettare il nostro codec. Verremmo obbligati a pubblicare i dettagli del nostro algoritmo e inoltre è un iter troppo lungo. Senza contare che in Europa gli algoritmi non sono brevettabili. […] La presenza di un partner forte cambierebbe le carte in tavola, ma per ora la nostra tutela è rappresentata dal copyright». Riguardo la minaccia brevetti da parte di altre aziende, Cappelli esclude che altri possano brevettare o aver brevettato l’algoritmo utilizzato o parte di esso, proprio per la totale differenza dalle attuali soluzioni. Eco Controllo non ha però effettuato alcuna ricerca a tal riguardo, e la possibilità che un cosiddetto “Patent Troll” possa usare un brevetto proprio per rubare il codec alla società partenopea non andrebbe esclusa a priori.
Da escludere, almeno per il momento, è invece la possibilità della presentazione del codec agli enti di standardizzazione. Anche in questo caso si tratta di un iter lungo e che porterebbe vantaggi solo tra qualche anno. Inoltre, ci fa notare Cappelli, i codec che vengono sottoposti al vaglio di ITU e ISO (ad esempio H.26x e MPEGx, rispettivamente) sono sempre sviluppati da consorzi o gruppi di lavoro di una certa dimensione. Con Cappelli c’è stato anche modo di parlare della svista dell’Ansa, copiata e incollata da innumerevoli testate, che attribuiva al codec la possibilità di registrare in un floppy ben 20 minuti di filmato, invece di 20 secondi: «Se un atleta facesse un salto in lungo di 10 metri sarebbe un risultato notevole, ma un salto di 10 chilometri sarebbe una storia completamente diversa».