Con la percentuale europea più alta di utenti che non hanno mai usato Internet, il 37%, e quella più bassa di acquirenti online, solo l’11%, l’Italia vanta un gap digitale che sta rallentando la diffusione dell’eCommerce. Questa l’analisi emersa nell’intervento di Roberto Liscia, Presidente di Netcomm – Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, nel corso della conferenza tenutasi ieri all’Internet Days. Eppure, un’altra ricerca promossa da Google mostra che le aziende più attive sul web esportano di più.
Tante occasioni sprecate, insomma, nel paese dell’Europa dei grandi, che ha più difficoltà a passare da un’economia fisica a una virtuale. Nel suo lungo e dettagliato intervento ieri a Milano, Roberto Liscia ha lanciato una provocazione che sa anche di intuizione: quella percentuale di italiani già votati all’acquisto online è sorprendentemente uguale per dimensioni alla fetta di popolazione adeguatamente alfabettizzata dal punto di vista tecnologico:
Ci troviamo quindi di fronte a un problema di natura soprattutto culturale: manca una formazione degli italiani all’utilizzo di Internet sia da un punto di vista personale che professionale. Da un lato, infatti, manca un’adeguata educazione a riconoscere i veri rischi presenti nella rete a usufruire di tutti i vantaggi garantiti dall’eCommerce a livello di sicurezza e di qualità del servizio; dall’altro lato non c’è un’adeguata formazione di figure professionali che possano sviluppare nuovi modelli di business multicanale in grado di integrare retail fisico e online.
Il valore dell’e-commerce
Eppure, anche di fronte a questo scenario poco accattivante, non mancano spunti positivi. In una indagine realizzata da Google e commissionata a Doxa, emerge come le aziende più attive sul web esportano di più: il 39% del fatturato export delle medie imprese digitalmente avanzate deriva dall’e-commerce. Quindi? Come approfittare di uno scenario mondiale del valore di mille miliardi di dollari?
L’Italia ha fatto registrare dati sensibilmente inferiori al resto del vecchio continente e solo nel 2012 i Web shopper italiani sono cresciuti del 30%, ma è inerziale. Circa il 40% degli utenti Internet del Belpaese può essere considerato pro-commerce. Nel mondo delle imprese il ritardo è ancora più evidente: solo tre PMI italiane su dieci si avvalgono del commercio elettronico come canale addizionale di vendita o di acquisto.
Per migliorare la competitività delle aziende italiane l’e-commerce sarebbe un toccasana, perché in un certo senso fa export low cost: al crescere del livello di maturità digitale, cresce anche la percentuale di aziende che esportano, passando dal 55% delle non digitali al 67% delle imprese avanzate da un punto di vista digitale nelle statistiche più aggiornate. Non solo, maturità digitale ed export hanno un impatto diretto anche sul fatturato: le imprese digitalmente avanzate dichiarano – in media – che il 24% del fatturato derivante dall’export è realizzato proprio attraverso il canale digitale e il trend di questo fenomeno trova un’ulteriore conferma allargando il campo dell’indagine alle imprese di medie dimensioni.
Fabio Vaccarono, Country Director di Google Italia, afferma dal punto di vista di chi osserva le query degli utenti mondiali gli stessi principi esposti da Liscia a Milano:
Il web rappresenta una leva insostituibile per la crescita. Proprio per questo sono convinto che si debba ripartire dal Made in Italy, punto di forza del nostro sistema economico, e abbracciare il digitale per far incontrare la domanda internazionale con le eccellenze del nostro Paese. Nessuno come l’Italia può contare su un sistema manifatturiero e agroalimentare così amato e conosciuto in tutto il mondo. Ma se fino a oggi comprare italiano era un’opportunità per pochi, oggi Internet permette di raggiungere direttamente tutti i potenziali consumatori. Questa, a mio avviso, è la via che l’Italia deve percorrere e Internet è lo strumento naturale per far conoscere il meglio delle oltre 4 milioni di aziende italiane al mercato globale.