Il Digital Advisory Group, con il supporto di McKinsey & Company, ha oggi diffuso i dettagli di una ricerca che analizza l’impatto di internet sul contributo allo sviluppo economico in termini di PIL nel nostro paese, riferendosi nel dettaglio alla creazione di occupazione, allo sviluppo delle PMI e del relativo export e surplus di valore per i consumatori.
Nonostante gran parte del potenziale sia ancora inespresso, negli ultimi 15 anni l’economia digitale è riuscita a creare oltre 700.000 posti di lavoro contribuendo al 2% del PIL italiano. La ricerca, intitolata “Sviluppare l’economia digitale in Italia: un percorso per la crescita e l’occupazione“, ha svelato che dal 2005 al 2009 l’economia digitale ha contribuito per il 14% alla crescita del PIL, sviluppandosi attorno a un tasso 10 volte superiore al valore nazionale.
Da sottolineare peraltro come l’economia digitale crei occupazione più di quanta ne “distrugga”. Al netto dei lavori persi, negli ultimi 15 anni sono 320.000 circa i posti di lavoro creati. Nel dettaglio, in Italia sono stati creati 1,8 posti di lavoro per ogni posto eliminato, ma è una media lontana dal 2,6 di tredici paesi sviluppati, e in particolare dal 3,9 della Svezia. Il problema è dovuto specialmente dalla capacità inferiore delle aziende italiane di creare occupazione digitale.
Peccato perché gli stessi dati dimostrano che le aziende attive nella rete hanno registrato una crescita media annuale del 10%, con capacità di esportazione superiori il doppio rispetto le azienda che non puntano sul web. Vantaggi dall’economia digitale che si registrano anche per i consumatori. Il valore dei servizi digitali messi a disposizione dell’utente è attribuito alla cifra di 7 miliardi di euro. Deducendo eventuali costi che possono essere correlati da questi servizi, si arriva ad un risparmio complessivo di 21 euro mensili per ogni famiglia connessa.
Nonostante dunque la ricerca abbia fornito risultati incoraggianti, c’è ancora molto da fare per esprimere il vero potenziale dell’economia digitale in Italia, specialmente se confrontato da quello che riescono a fare altri paesi. Prima però bisognerebbe superare ostacoli importanti: un accesso alla banda larga ancora insoddisfacente in termini di velocità e capacità; la scarsa cultura degli italiani verso l’e-commerce, spesso diffidenti dal comprare in rete; una diffusione poco ottimale dei servizi digitali offerti dalla Pubblica Amministrazione, che spesso non conosce nessuno; problematiche nel quadro normativo di riferimento e infine una grave carenza di competenze digitali, causata dal fatto che i veri talenti, per ovvi motivi, cercano fortune all’estero.