Pochi giorni fa il giudice Hassouna Tawfiq ha disposto il blocco dell’accesso a YouTube in Egitto per un periodo pari a un mese, per via della presenza di contenuti ritenuti blasfemi sul portale di video sharing gestito da Google. Il riferimento è al filmato di “Innocence of Muslims” (“L’Innocenza dei Musulmani”), di cui si è già parlato ampiamente lo scorso anno quando il suo debutto in Rete provocò violente proteste e l’uccisione di oltre 50 persone. Oggi sulla questione è intervenuto il Ministro delle Comunicazioni del paese, ricorrendo in appello contro la decisione.
Il perché di questa mossa è presto spiegato: le spese legate alla messa in atto del provvedimento sarebbero troppo elevate. Alla richiesta si unisce anche la Association for Freedom of Thought and Expression, organizzazione arriva per garantire la libertà d’espressione, chiedendo di ritirare l’ordinanza che risulterebbe lesiva per gli 80 milioni di abitanti. Mettere offline un’intera piattaforma per colpa di un singolo video, secondo AFTE, sarebbe deleterio in quanto priverebbe il popolo egiziano di uno strumento utile sia per informare che per essere informato. Nel frattempo Google ha già bloccato l’accesso alla clip incriminata nel territorio, mostrando così la propria disponibilità a intervenire nel caso di contenuti ritenuti offensivi per la cultura o le tradizioni locali.
Non è la prima volta che l’Egitto si trova al centro di una vicenda simile. Nel mese di novembre il funzionario governativo Abdel Meguid Mahmud ha chiesto di adottare le misure necessarie per impedire l’accesso ai navigatori ai siti dal contenuti pornografico, ma anche in quel caso l’ordine non è stato eseguito per via delle complicazioni tecniche e della spesa troppo elevata necessaria per la sua applicazione.