Proseguiamo il nostro estemporaneo vagabondare tra i modi possibili di fare comunicazione politica in rete (se n’è già parlato qui, qui e qui), e diamo un’occhiata ai nostri cugini spagnoli, anch’essi nel pieno di una campagna elettorale aspra e dagli esiti incerti che vede opposti il presidente uscente, José Luis Rodríguez Zapatero (PSOE, progressisti), e lo sfidante Mariano Rajoy (PP, conservatori), con la presenza outsider di Gaspar Llamazares detto Gaspi (IU, sinistra).
Quest’ultimo, sul suo sito elettorale, ha puntato su due classici della rete: le strisce animate in flash, e il video interattivo con form per fare domande e lui che videorisponde di conseguenza. Di quest’ultimo si può tranquillamente dire che la realizzazione è abbastanza scrausa: la transizione tra il loop di attesa e i video di risposta è semplicemente assente, e si passa a cut dal Gaspi che attende al Gaspi che risponde, in uno shot diverso, con una luce diversa e da un angolo di ripresa mutato, e a volte addirittura abbigliato in altro modo – per non dire poi della qualità audio-video, alquanto tristanzuola.
Le strisce invece, seppur decisamente ruspanti, hanno un loro non so che di delirante che le rende interessanti: in esse Gaspi è raffigurato come una sorta di Indiana Jones che salva il cittadino dall’ignavia di Zapatero e dalla rapacità di Rajoy nel corso di situazioni grottesche e caricaturali che richiamano alla memoria certe vignette di propaganda satirica d’anteguerra. Si noti la striscia n. 3 intitolata “Familia o muerte!” in cui i rappresentanti della chiesa vengono caricaturati con una ferocia icastica del tutto impensabile nel vaticanizzato presente italiano.
Anche il Partido Popular di Rajoy, a inizio febbraio, con il sito tupropuestasen30segundos ha scelto la via del video interattivo, ma con molta più originalità.
In pratica appena atterrate nella pagina date nome e cellulare, poi parte un video in cui si vede Rajoy che si riunisce coi suoi collaboratori in un ufficio, due chiacchiere sul più e sul meno, iniziano la riunione ma stop! Manca qualcuno: e sul foglio dei nomi dei convocati che Rjoy ha in mano, si legge il vostro nome. Allora lo stesso Mariano fa: “ci penso io”, prende il cell, lo vediamo telefonare ed ecco che il vostro cellulare squilla davvero, e parte un messaggio registrato in cui la voce di Rjoy vi invita a partecipare alla sua campagna. In questo articolo del Mundo trovate rece e video dimostrativo.
A dirla tutta, quando ho provato il sistema mi ha chiesto la mail invece che il cell, e nel video Mariano si mette al computer e mi scrive invece che telefonarmi. Non capisco se è una versione per chi si logga dall’estero, oppure se dal primo febbraio ad oggi hanno già esaurito il budget per le chiamate al cell…
Che dire, l’iniziativa è carina, condotta con un certo umorismo e ha una sua originalità, ma certo ha il limite della “trovata” che finisce sul momento, limitando così la sua portata virale.
E qui veniamo a Zapatero, che invece si butta in pieno sulla iutubata wannabe virale. A dire il vero non Zapatero in prima persona, ma una certa Plataforma de Apoyo a Zapatero composta da 200 rappresentati della cosiddetta società civile (tra di essi riconosciamo Miguel Bosé).
I quali hanno prodotto un video ben confezionato in cui, partendo da un gesto occasionale eseguito da una traduttrice nel linguaggio dei segni durante un pubblico incontro con Zapatero, si elegge quel segno a simbolo della campagna per Zapatero presidente. Per capire come, si fa prima a vedere che a dire:
[youtube]RZxjCvq44ng[/youtube]
Buona confezione, dicevamo, ma come si sa per sfondare nell’inafferabile mondo della comunicazione virale essa non basta (anzi, a volte è controproducente). E le attuali 6000 views su youtube non testimoniano certo un furioso successo dell’iniziativa (ma non ho verificato se su altre piattaforme di video sharing le cose stiano diversamente). Questo per il video. Per il gesto in sé – che come si sa è un artefatto a fortissima viralità, basti pensare ai terribili tormentoni di Striscia la notizia – ne ignoro le eventuali fortune. Magari qualche lettore di webnews con connessioni iberiche ci deluciderà.
Venendo ai casi nostri, Zapatero, insieme a Obama, è l’altro attuale modello “vincente” nel panorama progressista internazionale. Così, dopo l’affrettata vampirizzazione dello “yes we can” obamiano, trasformato in un arrancante e melbrooksiano “si può fare”, in area veltroniana c’è già chi propone (spero scherzosamente) di scimmiottare anche il gesto zapateresco, ovviamente adattandolo alla realtà locale – non a caso decisamente più complicata: ci vorrebbero due mani e un numero spropositato di dita per provare a far capire di stare con Veltroni. E anche riuscendoci, con tutte quelle dita all’insù, si rischierebbe di venire malmenati per fraintendimento gestuale.
Aggiornamento: il giorno dopo aver chiuso il post, la cronaca campagnarda lo ha già sopravanzato. A scopiazzare Zapatero i comunicatori di Veltroni ci avevano già pensato senza bisogno di suggerimenti dalla rete.
Tutto ciò non fa che rafforzare il quadro di una politica italiana comunicativamente alla deriva, creativamente sterile, e che prova goffamente a non scomparire dall’orizzonte del rapporto coi cittadini aggrappandosi alle zattere delle fortune comunicative altrui.