Emendamenti tech per il Decreto del fare

Oggi parte l'iter per la conversione del decreto che contiene molti elementi tecnologici. Tra gli emendamenti, il problema Agenda Digitale.
Emendamenti tech per il Decreto del fare
Oggi parte l'iter per la conversione del decreto che contiene molti elementi tecnologici. Tra gli emendamenti, il problema Agenda Digitale.

Parte oggi l’iter per la conversione in legge del cosiddetto “Decreto del fare”, il primo provvedimento del governo Letta che contiene novità sull’innovazione tecnologica e l’Agenda digitale. Il testo sarà presentato nelle commissioni Bilancio e Affari Costituzionali, e già si profilano emendamenti per migliorarlo. Tra le proposte, un rafforzamento di mister Agenda, Francesco Caio, per uscire dall’empasse in cui versa l’Italia rispetto al programma di digitalizzazione e innovazione europeo.

Francesco Boccia (Pd) e Francesco Paolo Sisto (Pdl) presenteranno il testo per le rispettive commissioni, mentre già circola un documento collettivo di emendamenti con firme di tutto rispetto nell’ambiente della Rete e dell’agenda digitale, come Roberto Scano dell’IWA (il network di professionisti della Rete), e i deputati Antonio Palmieri e Stefano Quintarelli. L’idea è stata quella di un documento aperto condiviso dove i suggerimenti si strutturano attorno al decreto legge 69 del 21 giugno.

Le principali modifiche che le commissioni potrebbero contemplare, per portarle poi in aula, riguardano due settori: il rapporto tra agenzia digitale e agenda digitale; due commi dell’articolo 10 sulle connessioni wi-fi liberalizzate per gli esercizi pubblici.

Più o meno potere a Caio?

La questione sull’agenda digitale è ormai a un bivio: palazzo Chigi, nominando Caio come referente, ha scelto di bypassare l’Agenzia, prevista dalla legge ma esautorata dall’assenza di uno statuto regolare. Un problema di governance incredibile, una vera matassa da sbrogliare. In che modo? Ovviamente le alternative sono due: rafforzare il ruolo di Caio e della sua squadra – nella quale è entrato anche Luca De Biase, al contempo tornato caporedattore di Nòva24 – oppure integrarlo in una cabina di regia che riesca a far camminare l’AGID. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di evitare il drago a più teste e, preso atto del ruolo di indirizzo tecnico strategico di Caio, eliminare il tavolo di indirizzo dell’Agenzia lasciandovi quello tecnico indispensabile per l’attuazione del piano.

Connessioni senza fili: un articolo da correggere

Un altro capitolo del decreto che interessa la Rete è certamente quello delle connessioni wi-fi. La vicenda è nota: dopo una fase, piuttosto lunga e tormentata, in cui in Italia è stata vigente una norma restrittiva, si è passati senza colpo ferire a una liberalizzazione senza regole specifiche ma soltanto abrogative, che darebbe come risultato un clima paragonabile soltanto ai paesi nord-europei. Non mancano tuttavia almeno due commi da cancellare, secondo molti proponenti. Nel testo, infatti, si fa cenno ai MAC Address:

1. L’offerta di accesso ad internet al pubblico é libera e non richiede la identificazione personale degli utilizzatori. Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento (MAC address).
2. La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici.

Molto probabilmente, essendoci una condivisione bipartisan sull’argomento, si modificherà il testo eliminando questa parte, sostituendola con un generico riferimento alla liberalizzazione delle reti wi-fi per gli esercizi commerciali che non fanno di questo servizio la loro attività principale. Attenzione, però: se è vero che i MAC Address non servirebbero a nulla (è possibile nasconderli) è anche vero che questo testo, eventualmente emendato, non sembra in grado di garantire strumenti adeguati per la polizia postale; inoltre, come sottolineato da Fulvio Sarzana, potrebbe favorire una elusione fiscale degli Internet Point.

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