Il dibattito su Uber e la sentenza del tribunale di Milano che ha spento il servizio UberPop prosegue sottotraccia, tra due deadline: il 2 luglio, giorno dell’udienza del ricorso dell’azienda contro il provvedimento, e il giorno meno preciso, ma prossimo, nel quale il governo prenderà una decisione. Quale non si sa, sembra che la recente proposta dell’Autorità dei trasporti abbia fatto breccia nel ministro Del Rio e possa diventare un provvedimento del Consiglio dei Ministri. In parlamento però c’è già un testo sulla concorrenza e il deputato Sergio Boccadutri ha un’idea: emendarlo e delegare il governo a porre dei nuovi criteri. Se adottati, UberPop diventerebbe perfettamente legale.
Sono molte le strade che la politica può prendere in caso decidesse una buona volta di metter mano all’affaire Uber. La più diretta, incalzata anche dalla campagna #iostoconuber che ha prodotto ben 5000 tweet indirizzati a Matteo Renzi nelle prime 24 ore, è che palazzo Chigi promulghi un decreto che incorpori le raccomandazioni e i suggerimenti dell’authority. In sostanza si tratterebbe di un via libera a condizione di un registro regionale obbligatorio dove i driver dovrebbero iscriversi per praticare in forma regolamentata e a tempo parziale il loro lavoro con auto di proprietà e applicazione Uber.
In aula giace da molti mesi anche il ddl concorrenza di cui si stanno occupando le commissioni riunite VI e X (Finanze e Attività produttive), ancora impegnate in audizioni delle tante categorie implicate, come notai, farmacisti, avvocati, ma non tassisti e driver NCC: poco prima che fosse presentato il decreto venne ripulito per pressioni dell’allora ministro Lupi proprio dell’articolo che equiparava NCC e tassisti. La conversione del decreto legge è perciò neutrale rispetto a Uber, a meno che non si sfrutti l’occasione per inserire un emendamento apposito.
Cosa prevede l’emendamento
È l’intento di Sergio Boccadutri, deputato democratico che si è occupato molto del digitale, a proposito dell’epayment. La sua idea è quella di emendare il ddl concorrenza, quando si entrerà nel vivo della discussione per la sua approvazione e consegna per il voto a Montecitorio, sperando di trovare sponde e soprattutto considerando che la via legislativa potrebbe anche dare una mano al governo: politicamente, com’è noto, Uber può creare delle frizioni tra i ministri e i partiti, mentre in Parlamento potrebbe essere più semplice arrivare a una proposta.
L’emendamento a cui sta pensando Boccadutri proporrà questi criteri:
- Obbligo per i driver di iscriversi presso un pubblico registro come presupposto per l’utilizzo della piattaforma;
- Vettura revisionata, assicurazione pagata, fedina penale pulita, patente da almeno alcuni anni;
- Obbligo per Uber di comunicare al tenutario del registro eventuali violazioni di cui viene a conoscenza;
- Uber paga le tasse per il driver, impegnato part time, come sostituto d’imposta.
Una piccola grande rivoluzione
Gli altri requisiti sono presi pari pari dall’authority dei trasporti. Ma cosa significa diventare un sostituto d’imposta? Secondo il deputato che vorrebbe proporre questo emendamento in commissione, è rendere tutto più semplice:
Con l’applicazione è tutto tracciato. Fino ad oggi è sembrato impossibile parlarne perché queste piattaforme sono di ardua comprensione e tutto sommato fuori dalle regole consuete. Dire a Uber che i loro driver si devono registrare, devono rispondere a certi requisiti sui quali garantisce, che pagherà le tasse al posto loro tenendosi ovviamente la commissione per sé, significa regolamentare l’ambito delle piattaforme di sharing e responsabilizzarle. Per Uber economicamente cambia poco, invece dal punto di vista del riconoscimento della sua legittimità cambia in meglio.
Ci sarebbe anche Uber Black
Permettere a Uber di diventare un sostituto d’imposta per i propri driver part-time del servizio UberPop darebbe una stoccata definitiva ai suoi detrattori. Tra l’altro, ne farebbe una società con stabile organizzazione (ma questo è un discorso complicato che porterebbe lontano, alle norme anti elusione). Quello che ancora mancherebbe sarebbe un intervento su Uber Black. Non tutti sanno che la legge 21/1992, alla quale sempre si appellano i tassisti, è stata oggetto di profonde modifiche ad opera dell’art. 29 della legge 207/2008 convertita l’anno successivo e la cui efficacia è stata però sospesa a seguito di successivi molteplici interventi normativi che hanno portato alla fine a demandare la disciplina ad un decreto interministeriale da adottare in conferenza Stato-Regioni entro la fine dell’anno. Secondo Boccadutri, però, Uber Black è un problema più semplice da risolvere.
Mi concentro su UberPop perché ritengo che dopo la sentenza sia davvero importante intervenire, e che sia più complesso. Un emendamento in commissione potrebbe impegnare il governo a produrre le norme necessarie, dandogli un forte mandato parlamentare.
Tutto sta a vedere se si troveranno i voti in commissione, oppure se lo stesso governo farà calare in commissione un emendamento del genere, oppure se si sceglierà la via di un DPCM (decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri). In ogni caso, stavolta sembra davvero che qualcosa si sia smosso. Ci voleva il trauma della chiusura di un servizio in tutta la nazione? Pare di sì.