Si, la musica senza DRM paga: gli utenti apprezzano, scelgono, comprano, hanno già promosso l’idea. A pochi giorni dalla messa in commercio dei primi brani senza Digital Right Management, infatti, i dati evidenziano l’ottimo trend iniziale dell’esperimento (che è in verità più un incipit che non una sperimentazione) ed il buon andamento sembra superare quelli che potrebbero essere numeri frutto di un semplice exploit dovuto alla curiosità.
EMI ci ha creduto, Apple ci ha scommesso, Microsoft si è promessa ed Amazon sta già arrivando: i brani sono venduti con qualità maggiore rispetto ai tradizionali MP3 (o AAC) ed a essere maggiorato è anche il prezzo. Minori, invece, le limitazioni per gli utenti che hanno la possibilità di riprodurre i file su tutti i lettori in grado di leggerne l’estensione (e l’appellativo “player MP3” è ormai un nome comune, più che una descrizione).
«Dark Side of the Moon», Pink Floyd: il brano ha venduto fino al 300% in più in versione DRM-free rispetto alla pratica precedente. «A Rush Of Blood To The Head» dei Coldplay ha registrato invece un +115%. I dati provengono da The Inquirer, testata che riprende alcune fonti per citare numeri provenienti direttamente da EMI Music (per voce del vicepresidente Lauren Berkowitz). «Come Away With Me», Norah Jones, sale del 24% ed è questo il numero più risicato tra tutti i vessilli di vittoria sollevati in queste ore.
I distributori musicali pronti a vendere musica priva di DRM si moltiplicano e quella di iTunes sembra essere stata solo una anteprima di quel che sta per accadere. Le major pronte ad allinearsi ci sono. Nel momento in cui il mercato della musica digitale perpetra il proprio trend in discesa, la musica DRM-free sembra essere dunque la soluzione che il mercato cercava. I primi numeri, se non altro, confermano la cosa.