L’innovazione è spesso appannaggio delle analisi di breve periodo. Questo non perché l’innovazione sia una esclusiva del breve periodo, anzi: l’innovazione è soprattutto una questione di lungo periodo, di grandi visioni e di grandi visionari. Tuttavia la logica che partorisce il mercato è quella del profitto immediato, della monetizzazione, della conversione subitanea del prodotto, o del servizio, in denaro.
Quando l’innovazione si misura in margini e in cash, però, si perde di vista qualcosa di molto più prezioso: il futuro. C’è però una zona nella quale questa visione crolla: è l’energia. Quando si ragiona sull’energia, la visione di lungo periodo è qualcosa di fondamentale, qualcosa di cui non si può fare a meno, poiché è lo stesso mercato a suggerirlo: grandi investimenti e grandi scelte possono essere affrontati soltanto quando si ha una visione vera di quel che accadrà. Ed è quindi quando si affronta il tema dell’energia che il tema dell’innovazione si amplia, si gonfia, si illumina e diventa davvero qualcosa di alto e profondo.
Negli ultimi mesi tutti i grandi gruppi del mondo dell’innovazione digitale hanno affrontato il tema dell’energia a modo proprio, confermando come sia questa la chiave di lettura del futuro prossimo: gli investimenti in eolico di Microsoft, il tema della sostenibilità per Google, gli investimenti sulle strade che producono elettricità e in parallelo i passi avanti della mobilità elettrica, i grandi investimenti di Tesla, gli sforzi “green” di Apple e molto altro ancora. In Italia è Eni a dettare la strada, e lo fa dal meeting di Rimini ove, sebbene il tema affrontato sia quello dei flussi migratori e dei problemi ivi correlati, l’AD Claudio Descalzi afferma l’energia come tema centrale e chiave di lettura dell’intera situazione. Del resto è lo stesso meeting a richiamare questo tipo di approccio: il claim “tu sei un bene per me” è qualcosa che va ben oltre la ragione economica ed impone una riflessione di alto profilo.
Migrazione ed energia
Il futuro dell’energia, secondo Descalzi, è il cuore del problema. Questo perché il paradosso è fin troppo evidente: l’Africa, il continente che più di ogni altro fornisce energia al mondo, è al tempo stesso un grande esportatore al punto da non avere energia a sufficienza per sé. Si prenda ad esempio l’Egitto: pur se per natura grande bacino di gas, il paese si è trovato a diventare importatore poiché le proprie risorse erano ormai tutte impegnate nell’export. Queste situazioni diventano rapidamente occasioni di depauperamento delle risorse locali, costringendo così le popolazioni ad andare a ricercare sicurezza e benessere laddove con l’energia questi beni vengono prodotti: in occidente, in Europa, in Italia.
Ecco perché una piena consapevolezza di tali dinamiche, e una autentica presa di responsabilità circa l’uso delle risorse e l’accaparramento delle stesse, può cambiare la situazione in Africa, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali, rallentare i flussi migratori e ridurre i problemi dell’integrazione che stanno attanagliando gli equilibri socio-politici del vecchio continente.
Il problema, secondo Descalzi, va risolto a monte:
Questo è il problema, abbiamo reso debole l’Africa perchè non ha la sua energia, poi ci lamentiamo dei flussi migratori, perchè non hanno energia. Non parlo dei profughi, parlo della gente che non ha i mezzi di sostentamento per vivere e quindi deve spostarsi da dove, pur essendo ricca, non può vivere.
Quella che era la visione di Enrico Mattei, colui il quale proprio con le strategie di condivisione delle risorse in Africa ha tentato in tempi non sospetti di scardinare l’egemonia di pochi sulle politiche energetiche mondiali, è oggi ancora valida. Anzi, sembra esserlo oggi più di allora: «l’Africa ha grandissime opportunità, dobbiamo essere consci che non dobbiamo puntare sui rapporti di forza». Continua Descalzi invocando la forza di una visione di lungo periodo invece che una matrice economica di breve, se non brevissima, gittata:
abbiamo fatto qualcosa di diverso. Nel campo energetico abbiamo investito in centrali elettriche, in trasporto, abbiamo deciso di vendere energia localmente ad un prezzo più basso e facendo le centrali, che non è il nostro core business. Il mercato, con un’analisi solo del profitto, dice che queste cose non le devi fare. Se invece vuoi guardare alla creazione del valore, che può coincidere con il profitto ma sul lungo termine, il profitto sono i cento metri, il valore è la maratona, è il passare il testimone ad un’altra generazione.
Ecco perché la coscienza del mondo dell’innovazione, secondo Descalzi, deve guardare all’energia come occasione di riscatto morale e di intervento a sostegno delle politiche internazionali:
L’Africa ha bisogno di essere aiutata ad avere più accesso all’energia. Non dobbiamo dare soldi, non dobbiamo fare i finti buoni, dobbiamo dare gli strumenti per essere completamente indipendenti. Se l’Africa è forte noi siamo forti, se l’Africa è debole noi siamo deboli. Dobbiamo far crescere gli africani in Africa, non devono dover uscire, dover scappare, fare cose strane per poter sopravvivere
Una visione peraltro non nuova: sono spesso le missioni religiose a predicare un atteggiamento di questo tipo con i paesi africani, dove l’interventismo dei paesi ricchi si confonde spesso con un subdolo atteggiamento colonialista. L’Africa non va aiutata con denaro o con interventi politici scomposti, ma va aiutata semplicemente evitando lo sfruttamento ed approcciando alle risorse naturali non per generare immediato profitto, ma con lo scopo di creare valore. E il valore non è tale se non è condiviso.
Così come lo è stato in passato, peraltro, questa tematica può essere di particolare valore anche per l’Italia, poiché posizione, storia e DNA ne certificano un ruolo di ponte che può tornare ad essere centrale. Se non abdica all’importanza del proprio nome, l’Italia può cercare in questo ruolo una nuova occasione di riscatto: «è geograficamente e culturalmente un ponte ideale che ricuce Mediterraneo e Africa e il Nord Europa. Ricuce dal punto di vista dell’energia, dello sviluppo, degli investimenti, del mercato e questo è il fatto positivo che stiamo
vivendo e che dovremmo vivere sempre più in futuro».
La sostenibilità al meeting di Rimini
Eni ha tradotto il proprio impegno sulla sostenibilità in quattro hub informativi che accolgono i visitatori dell’evento. Ogni hub ha tematiche e sistemi interattivi differenti, votati al coinvolgimento delle persone per meglio favorirne l’incontro con il tema prescelto:
- Welfare sociale: gioco digitale con schermi touch per sfidare gli avversari sul tema della sostenibilità (con tanto di “aiuto da casa”);
- Sustainability: infotainment in realtà aumentata per scoprire il mondo delle piattaforme ed il loro ecosistema;
- Renewables: esposizione di lastre fotoattive trasparenti e le loro possibili applicazioni nel settore del fotovoltaico integrato; a queste sono affiancate i pannelli flessibili OPV che aumentano le possibilità di utilizzo del fotovoltaico in una quantità di situazioni altrimenti di difficile gestione;
- Smart mobility: una pista che riproduce la città di Rimini per dimostrare quanto la mobilità intelligente e l’uso del car sharing Enjoy possano operare in favore della sostenibilità.
Sostenibilità per il lungo periodo
Quando il mondo dell’innovazione guarda al passato, vede un ruolo da protagonista nel riscatto sociale, nella democratizzazione dell’accesso alle informazioni e nella capacità di offrire opportunità a chiunque. Quando il mondo dell’innovazione guarda al presente, vede dinamiche di mercato improntate all’istantaneità, al prodotto in uscita, ai rumors in cerca di adrenalina. Ma quando il mondo dell’innovazione guarda al futuro, spesso si è dimostrato cieco e irresponsabile, invocando superficialmente la propria natura strumentale come manleva naturale.
Appare oggi chiaro come una visione di lungo periodo non possa esimersi da un discorso di sostenibilità. Innovare non può essere solo “cambiare”, ma deve essere un “cambiare in meglio” e “per tutti”. Innovare nel terzo millennio deve significare anche garantire un quarto millennio ai nostri discendenti, firmando patti generazionali più responsabili e impegnativi rispetto a quelli in capo a chi ci ha preceduti. Oggi l’uomo ha le risorse per capire, studiare e prevedere: ignorare è una colpa che nessuno può permettersi. Ed è sulla gestione delle risorse energetiche che verrà giocata questa partita.