Il lancio del servizio musicale premium associato a YouTube sembra essere sempre più vicino. I vertici della piattaforma e quelli di Google non ne hanno ancora parlato in via ufficiale, ma ci sono buoni motivi per credere che ormai manchi poco al lancio. Lo testimonia anche la protesta messa in campo da WIN (Worldwide Independent), organizzazione fondata nel 2006 per rappresentare gli interessi delle etichette discografiche indipendenti a livello mondiale, a cui aderisce anche l’italiana AudioCoop.
Il dito è puntato contro i termini dell’accordo proposto dal gigante dello streaming alle singole etichette, ritenuto svantaggioso a livello economico, con la piattaforma di bigG che non sarebbe disposta ad apportare modifiche e giungere ad un compromesso soddisfacente per entrambe le parti. L’associazione, nata nel 2000 all’interno del MEI (Meeting delle Etichette Indipendenti) di Faenza, definisce “una minaccia esplicita” l’approccio adottato da YouTube: come si legge nel comunicato giunto in redazione, alle etichette sarebbe stato sottoposto un modello di contratto predefinito, chiedendone l’accettazione e la sottoscrizione. In caso di mancata firma tutti i loro contenuti verrebbero bloccati dalla piattaforma.
Le condizioni, che al momento non sono state rivelate, vengono definite dai membri della rete WIN “molto sfavorevoli e non negoziabili” a livello economico, soprattutto se confrontate con quelle poste in essere da altre realtà operanti nell’ambito dello streaming come Spotify, Rdio e Deezer. Il risultato è che gli artisti indipendenti rischiano di essere sottovalutati all’interno del mercato digitale. Una situazione di questo tipo si è verificata all’inizio del millennio anche con l’emittente televisiva MTV: allora però, in seguito ad un’iniziale tensione, le parti in gioco sono giunte alla stesura di un accordo in vigore ancora oggi.
Il discorso è ovviamente ben diverso se si considerano le tre major, ovvero Universal, Sony e Warner, che da sole detengono la fetta più grande del mercato a livello globale. In altre parole, una volta assicurati i diritti per trasmettere i brani delle “Big Three”, YouTube potrebbe far pesare la propria posizione di monopolio de facto nell’ambito dello streaming video per imporre agli indipendenti accordi poco vantaggiosi dal punto di vista di questi ultimi. Si tratta però di una strategia che potrebbe rivelarsi poco lungimirante anche per la stessa piattaforma di Google, poiché in tal caso rischierebbe di escludere dal proprio catalogo i brani e gli album di artisti apprezzati sia a livello locale che mondiale, finendo inevitabilmente con l’inficiare la qualità del servizio offerto.