Chi gestisce i maggiori social media sulla piazza si adeguino alle normative europee, oppure l’Europa farà in modo che tutti abbiano a conformarsi nel breve periodo. Una mano tesa, insomma, ma con il piglio di chi pretende collaborazione. La comunicazione giunge dalla Commissione Europea, la quale avrebbe già avuto modo di incontrare gli operatori indicati (Facebook, Twitter e Google+) per far passare il messaggio in modo diretto.
Dapprima una lettera inviata alle parti per presentare il problema; quindi un incontro per discuterne a quattrocchi; infine un comunicato stampa per mettere nero su bianco gli intenti politici della Commissione. Ora Facebook, Twitter e Google avranno un mese di tempo per adeguarsi: al termine del tempo indicato, l’UE valuterà la bontà delle azioni intraprese e si apre la possibilità di approcciare «misure coercitive» pur di forzare la mano e giungere quanto prima ad un nuovo regime.
Il diktat europeo
La Commissione spiega di essersi mossa a seguito di un crescente numero di reclami da parte dei consumatori: nel contesto di un mercato nel quale i singoli sono sempre più esposti sui social media (spesso al di fuori di ogni tutela, scarni della minima consapevolezza necessaria nell’uso dei media e alla mercé di tranelli sempre più collaudati), la massima autorità europea ha puntato i piedi ed ha preteso la collaborazione dei grandi nomi del comparto affinché si possa raggiungere in tempi ragionevoli una tutela che, in fin dei conti, dovrà essere appannaggio tanto dell’utente finale quanto dei network a cui partecipa.
Dal commissario europeo per la giustizia e la tutela dei consumatori, Věra Jourovà, giunge l’impegno preciso delle autorità europee, una azione che parte da una presa d’atto circa il ruolo dei social media nella società attuale e che giunge ad una responsabilizzazione degli attori del mercato medesimo: «I social media sono entrati a far parte della nostra vita quotidiana e la maggioranza degli europei ne fa regolarmente uso. Vista la crescente importanza delle reti sociali online è ora il momento di garantire che in questo settore ci si conformi alle solide norme UE, che sono state elaborate appositamente per tutelare i consumatori dalle pratiche sleali. Non è concepibile che i consumatori dell’UE possano solo ricorrere a un tribunale della California per risolvere una controversia, né possiamo accettare che gli utenti siano privati del diritto di recedere da un acquisto online. Gli operatori di social media devono inoltre cominciare ad occuparsi con maggior senso di responsabilità del problema delle truffe e delle frodi perpetrate sulle loro piattaforme. Desidero ringraziare le autorità dell’UE responsabili della tutela dei consumatori, che negli ultimi mesi hanno lavorato instancabilmente con la Commissione su questo tema importante. A partire da oggi, gli operatori di social media hanno un mese di tempo per presentare soluzioni che consentano loro di conformarsi alle norme dell’UE».
La comunicazione chiarisce come le parti abbiano convenuto la necessità di intervenire in due ambiti specifici: clausole e condizioni abusive da una parte, frodi e truffe che inducono in errore i consumatori dall’altra.
La questione delle clausole
Le condizioni di utilizzo delle piattaforme di social media devono essere rese conformi al diritto europeo riguardante i consumatori. Di fatto, la direttiva sulle clausole contrattuali abusive stabilisce che se una clausola standard determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti a danno del consumatore essa deve essere considerata abusiva e, quindi, nulla.
Su questo punto vengono dettagliate alcune azioni specifiche sulle quali l’UE si attende una altrettanto precisa presa di posizione da parte dei soggetti convocati:
- «le reti di social media non possono privare il consumatore del diritto di rivolgersi a un tribunale dello Stato membro di residenza»;
- «le reti di social media non possono chiedere al consumatore di rinunciare a diritti inderogabili, come il diritto di recedere da un acquisto online»;
- «le clausole di utilizzo non possono limitare, né escludere completamente la responsabilità della rete di social media in relazione alla prestazione del servizio stesso»;
- «i contenuti sponsorizzati non possono essere occultati, ma devono essere identificabili in quanto tali»;
- «le reti di social media non possono modificare unilateralmente le clausole e le condizioni di utilizzo, senza informare chiaramente il consumatore circa la motivazione di tale modifica e senza dargli la possibilità di recedere dal contratto in tempo utile»;
- «le clausole di utilizzo non possono conferire all’operatore di social media un potere illimitato e discrezionale di rimozione dei contenuti»;
- «la risoluzione di un contratto da parte dell’operatore di social media dovrebbe essere disciplinata da regole chiare e non decise unilateralmente, senza motivo».
Frodi e truffe
Gli operatori di social media devono eliminare dai loro siti web eventuali frodi e truffe che potrebbero indurre in errore il consumatore, non appena vengono a conoscenza di tali pratiche. A tale proposito, le autorità nazionali responsabili della tutela dei consumatori dovrebbero disporre di un canale di comunicazione standard diretto per segnalare tali irregolarità agli operatori di social media e ottenere la rimozione dei contenuti, oltre ad informazioni relative agli operatori commerciali responsabili di tali violazioni
Trattasi di un approccio logico, in linea con quanto posto in essere già su altri fronti: ai social media si chiede non tanto una capacità di filtro “a priori”, quanto l’impegno ad agire ex-post, in tempi ragionevoli e con alta capacità di ascolto da parte della community e di possibili partner esterni. Tra gli esempi citati dalla Commissione:
- «truffe riguardanti i pagamenti effettuati dai consumatori»;
- «abbonamenti ingannevoli in cui si chiede al consumatore di iscriversi per un periodo di prova gratuito, ma senza dare informazioni chiare e sufficienti»;
- «vendita di prodotti contraffatti»;
- «finte promozioni; ad esempio, messaggi del tipo “vinci uno smartphone con 1 euro” si sono moltiplicati sui social media per poi rivelarsi dei veri e propri concorsi che, in realtà, comportavano la sottoscrizione occulta di un abbonamento a lungo termine per parecchie centinaia di euro all’anno».