Un accordo globale. Il Commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia (successore di Mario Monti e di Neelie Kroes) ha parlato di un «buon livello di intesa» a proposito delle discussioni con Google. Sul tavolo, le accuse di posizione dominante e la politica di promozione della concorrenza che l’Europa vuole instaurare tramite delle concessioni per distinguersi da quella statunitense (storicamente più sensibile alle lobbies). Ma le concessioni non sono la soluzione che vuole Almunia: l’idea è quella di un accordo mondiale firmato nel vecchio continente.
Un obiettivo ambizioso, dunque, che si basa su una osservazione corretta: sulla posizione anticoncorrenziale dei giganti della Rete ci si deve mettere d’accordo, altrimenti c’è il rischio dei vasi comunicanti. Se lo stesso servizio viene censurato in un paese, o in una grande area, ma non in un’altra, l’azienda sposta la sua raccolta pubblicitaria e i suoi sforzi tecnologici – con ricadute positive in termini occupazionali – dove vige il laissez-faire e le zone più restrittive si sentono come quel marito che si evirò per far dispetto alla moglie.
A Mountain View si è già mostrato spirito di collaborazione e pare sia emerso anche un certo interesse da parte del portavoce di Google a Bruxelles, Al Verney, per un possibile accordo che superi le concessioni di paese in paese: sarebbe una semplificazione anche per loro. Per non parlare del fatto che un accordo politico in Commissione farebbe risparmiare a Big G una multa di 4 miliardi di dollari (il 10% dei ricavi annui secondo la mai digerita norma europea). Google non vuole assolutamente finire sulla strada senza uscita in cui si infilò Microsoft, che non accettò le linee guida antitrust dell’allora commissario Mario Monti e dopo dieci anni di battaglia legale ha sborsato un miliardo di dollari.
Se Google presenterà una soluzione globale applicabile ovunque e comunque rispetto alle specifiche preoccupazioni europee (che riguardano sostanzialmente i risultati della ricerca specializzata, il rapporto sempre un po’ ambiguo tra i servizi di aziende di Google e pubblicizzate su Google rispetto a quelli di altri, ad esempio su viaggi, ristoranti, i cui contenuti sono anche facilmente copiabili) e questo dovesse costituire un modello per i regolatori in altri paesi, compresi gli Stati Uniti, l’Europa potrebbe anche soprassedere. Scoppierebbe così la pace tra Bruxelles e Mountain View, mettendo fine alla lunga istruttoria cominciata nel 2010 nei confronti di un motore di ricerca che rappresenta il 95% del traffico di questo genere nel vecchio continente: un monopolio occupato con modalità che l’UE vuole inquadrare in una struttura legale più solida, chiara ed equa.