Cosa accadrebbe se in tutta Europa ci fosse un solo modo di imporre tasse sui profitti? Semplice: casi come quelli di Apple e di altre aziende sarebbero meno frequenti. Per questa ragione la Commissione Europea ha rispolverato il progetto di un accordo sul regime unito dell’IVA, definitivo e resistente alle frodi. Se si considera il divario di mancata riscossione si arriva per il 2014 alla cifra monstre di 159,5 miliardi.
Si è parlato molto del caso Apple e della formula – attiva fino al 2014 – del panino irlandese col quale, secondo la Commissione, la società californiana ha goduto di un trattamento di favore sleale nei confronti delle altre aziende nello stesso paese. Ora la Commissione ha reso note le cifre del divario tra le entrate IVA previste e quelle effettivamente riscosse per dare la stura al Piano d’azione sull’IVA presentato alcuni mesi fa.
#FairTaxation:€160 billion of uncollected #VAT revenues in EU in 2014 – @EU_Taxud Report – https://t.co/dLW0cvM48X pic.twitter.com/T6p1dDvg8p
— EUR-Lex (@EURLex) September 6, 2016
Secondo il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici, le prime misure adottate sono state utili, ma qui si parla di riforme più radicali:
Gli Stati membri perdono decine di miliardi di euro in gettito IVA non riscosso: è inaccettabile. Il regime attuale è deplorevolmente inerme di fronte ai problemi delle frodi ed è evidente che da sole le cifre non migliorano. Gli Stati membri devono arrivare rapidamente ad un accordo sul regime unionale dell’IVA e invito pertanto urgentemente tutti gli Stati membri a un dibattito franco e costruttivo che apporti un contributo alle proposte dell’anno prossimo in modo da risolvere il problema una volta per tutte.
La guerra delle tasse
Nell’ambiente di Bruxelles da qualche tempo si parla dei nomi grossi che stanno per essere colpiti, dopo Apple, Google, Fiat, Starbucks. Che ce ne siano alcuni e non altri però non fa molta differenza: il problema sono gli stati, che hanno trasformato la differente tassazione dei redditi d’impresa in una manovra di politica industriale, di attrazione di capitali esteri. Basta fare un accordo (tax ruling), cioè stabilire cosa si intende per utili, come tassarli, e il gioco è fatto. Questa competizione sfrenata per attirare le multinazionali ha visto l’Irlanda e il Lussemburgo vincenti sul piano dell’offerta, arrivando però a storture che hanno destato uno scandalo internazionale. Un’azienda come Apple ha pagato 50 euro per ogni milione incassato nei suoi negozi dove entrano persone tassate al 30-40-50% che fanno sacrifici per risparmiare i soldi per comprarsi l’ultimo device.
In attesa dei ricorsi del governo irlandese e della stessa Apple, l’Europa va nella direzione di una fiscalità unica, e nel 2017 presenterà nuovi progetti di legge secondo il rapporto 2016 sulle discrepanze fiscali. Il concetto che potrebbe caratterizzare l’aliquota unionale è che ogni azienda paghi secondo una base comune, con un margine lasciato ai singoli accordi tale da non incorrere in una vera e propria detassazione totale, ma in formule via via diverse. Così da non vedere concentrazioni di multinazionali in un unico paese lasciando però a ciascuno la possibilità di privilegiare certe aziende a seconda delle dimensioni, del numero di lavoratori e altre peculiarità.